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di Gennaro Migliore
Verso una sinistra costituente: nuovi modelli di partecipazione democratica
Le elezioni del 13 e 14 aprile 2008 ci consegnano un quadro politico ed istituzionale profondamente mutato rispetto a quanto conoscevamo fin qui.
Il dato politicamente più macroscopico è la netta affermazione della coalizione di destra, Pdl più Lega, che pare chiudere il ciclo, la cosiddetta “transizione italiana”, apertosi con i processi di Tangentopoli e l’irruzione nella scena politica italiana di Silvio Berlusconi. Al termine di questo più che contrastato quindicennio, la partita per l’affermazione del potere politico ha indubbiamente premiato il dominus di questa transizione, Berlusconi. Le ragioni di questa vittoria, che appare molto più stabile e di lungo periodo di quelle precedenti, è stata il frutto di una serie di concause, che devono essere ancora pienamente indagate dai soggetti politici soccombenti in questa dura contesa.
Indagare le ragioni dell’affermazione delle destre non è quindi un esercizio di esclusivo interesse dei vincitori. Lo è in primo luogo per la sinistra e per il Partito democratico, entrambe risultate duramente sconfitte in questa tornata. Per le forze della sinistra alla sconfitta elettorale, devastante, si è aggiunta una disfatta sul piano istituzionale. In ragione della legge elettorale, non a caso emanata durante il precedente Governo Berlusconi nel 2005, il 3% della Sinistra, l’arcobaleno, l’1% dei socialisti e i risultati ancora più bassi di altre formazioni non hanno consentito una rappresentanza nelle aule del Parlamento nazionale. Un caso inedito in tutta la storia repubblicana.
La destra italiana, come ha acutamente osservato Fausto Bertinotti in un saggio di recente pubblicazione, è uscita definitivamente dalla minorità in cui la consegnavano le sue culture politiche marginali: la vocazione xenofoba, il disegno secessionista alimentato da una mitopoiesi delle piccole patrie, la propensione antieuropeista per quanto riguarda la Lega; la narrazione nazionalista, la cultura repressiva, la rimozione dei valori fondativi della Resistenza (come è apparso chiaramente nel primo discorso del neopresidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini), l’omofobia, per quanto riguarda An.
(segue)
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