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NUMERO 19 - 15/10/2014

 Il diritto alla salute nello spazio europeo: la mobilità sanitaria alla luce della direttiva 2011/24/UE

La base giuridica della direttiva 2011/24/UE viene individuata nell'art. 114 TFUE, essendo le disposizioni ivi racchiuse volte a “migliorare il funzionamento del mercato interno e la libera circolazione di merci, persone e servizi”, e nell'art. 168 TFUE, che annovera tra le finalità di tutte le politiche dell'Unione la garanzia di un “livello elevato di protezione della salute umana”. Il grado di incidenza che le disposizioni europee in materia sanitaria posseggono sulla legislazione degli Stati membri è fortemente limitato dal rigido riparto di competenze legislative UE-Stati membri e, in particolare, dal doveroso rispetto del principio di attribuzione, che impone alle istituzioni europee di agire, come noto, “esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti”. Specularmente, esso impone che tutte le competenze che i trattati non assegnino esplicitamente all'Unione restino in capo agli Stati membri. La scelta circa le condizioni e i presupposti per l'erogazione di prestazioni di cura, che costituiscono lo strumento attraverso il quale viene garantito in modo effettivo il diritto alla salute degli individui, presenta una duplice valenza perché per un verso, ricade interamente sugli Stati membri, per altro verso, quando la prestazione sanitaria comporta l'attraversamento di un confine nazionale, viene attratta nell'area di influenza del diritto cominitario (oggi diritto dell'Unione). Sotto il primo profilo, infatti, si tratta di una competenza nell'ambito della quale l'UE non può incidere direttamente tramite atti normativi propri: se ne trova conferma, oltre che nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, laddove si sancisce che il diritto di ogni persona all'accesso alla prevenzione sanitaria e all'ottenimento di cure mediche sia tutelato alle condizioni previste dalle legislazioni e dalle prassi nazionali (art. 35), anche nel già richiamato art. 168 del TFUE il quale afferma sì il principio della “Health in all policies”, ossia della doverosa valorizzazione di un livello elevato di salute umana nella definizione e attuazione di tutte le politiche dell'Unione, ma lascia alla responsabilità degli Stati membri  “la gestione dei servizi sanitari e dell'assistenza medica e l'assegnazione delle risorse loro destinate”, vietando categoricamente all'Unione “qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri” in materia di sanità. In questo senso, dunque, il ruolo dell'Unione si presenta connotato da un carattere di complementarità, che pur si è evoluto nel corso degli anni, rispetto alle politiche sanitarie nazionali: alla luce del disposto letterale dei Trattati, infatti, l'Unione possiede, con riferimento alla tutela della salute umana, una competenza limitata al sostegno, al coordinamento e al completamento dell'azione degli Stati membri. Ad ulteriore conferma di ciò, si evidenzia come la Corte di giustizia abbia sempre tutelato la salute in modo ancillare e indiretto, attraverso la garanzia di altri interessi afferenti, questi sì, a materie di competenza esclusiva UE, per esempio farmaci a uso umano o veterinario, prodotti alimentari di dubbia qualità, tutela del consumatore, tutela dell'ambiente, rifiuti, diritto di proprietà. Sotto il secondo profilo, i servizi sanitari non sfuggono all'applicazione delle regole sul mercato interno, in quanto soggetti all'applicazione dell'art. 56 TFUE: quando, dunque, si è presenza di una prestazione transfrontaliera, che implica cioè l'attraversamento di un confine nazionale, gli Stati sono tenuti al rigoroso rispetto dei principi e delle disposizioni in tema di funzionamento del mercato interno, in relazione ai quali l'Unione ha competenza esclusiva. Tra l'altro, come confermato dalla giurisprudenza del Giudice europeo, la circostanza che sia preclusa alle istituzioni europee l'armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia di sanità non impedisce che l'adozione di misure sul ravvicinamento delle disposizioni nazionali relative al funzionamento del mercato interno, previsto all'art. 114 del TFUE, possa avere non solo come conseguenza ma anche come obiettivo la protezione della sanità pubblica. In ragione di tutto ciò, appare evidente che l'UE è tenuta ad osservare i limiti previsti alla sua competenza legislativa quando legifera in materia di prestazioni sanitarie interne ma che, al contempo, i suoi poteri di intervento si estendono quando tali prestazioni siano qualificabili come “transfrontaliere”... (segue)



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