Negli ultimi cinquanta anni l’evoluzione dei rapporti finanziari tra i diversi livelli di governo che costituiscono la Repubblica è stata tanto incessante quanto incoerente, così da rendere arduo persino il compito di semplicemente individuare gli interventi normativi che in maniera più significativa hanno contribuito a definire le attuali fattezze dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali infranazionali (d’ora in poi enti territoriali). Ed invero, dagli anni ‘70 ad oggi il quadro regolatorio di riferimento, europeo e italiano, è continuamente cambiato, soprattutto in ragione, da un lato, dei diversi cicli economici che l’Europa e l’Italia hanno attraversato, e, dall’altro, delle accentuate diversità (istituzionali ed economiche) esistenti non solo tra gli Stati membri ma anche tra le diverse aree territoriali di ciascuno di questi. Ad attentamente riflettere, il fatto che in Italia sia mancata una fase di stabile attuazione del quadro suddetto non pare però ascrivibile solamente al suo costante modificarsi: con ogni probabilità, la cronica precarietà dell’assetto dei rapporti finanziari tra Stato ed enti territoriali è dovuta anche alle discordi interpretazioni della disciplina costituzionale, le quali hanno generato, per un verso, una legislazione apparsa spesso inadeguata a perseguire gli obiettivi europei, e, per un altro, una sensibile difformità tra l’autonomia finanziaria degli enti territoriali tratteggiata nell’art. 119 Cost. e quella – a dir così – ‘vivente’, quest’ultima essendo sembrata non di rado quasi la negazione della prima. Se è ben evidente la difficoltà di indagare il tema del sistema finanziario degli enti territoriali, lo è altrettanto il presupposto concettuale dal quale muove la presente riflessione: non pare revocabile in dubbio che l’ampiezza dell’autonomia finanziaria sia in grado di condizionare sensibilmente la possibilità per gli enti territoriali di promuovere e realizzare politiche autosufficienti – caratterizzate dalla identità tra chi determina l’indirizzo politico e chi deve porlo in essere (avendo competenze e risorse) –, altrimenti questi finendo per diventare soprattutto (o quasi esclusivamente) parte ‘passiva’ di politiche a collaborazione necessaria – caratterizzate dalla diversità tra chi stabilisce l’indirizzo politico, decidendo pure l’entità delle risorse, e chi deve metterlo in pratica.Il tema dell’autonomia finanziaria, specialmente in ragione della sua stretta connessione con quello dell’autonomia politico-amministrativa, assume ancor più rilevanza se si rivolge lo sguardo al ruolo che la Costituzione riconosce agli enti territoriali nella promozione (oltre che nella concretizzazione) di politiche finalizzate ad assicurare la coesione territoriale, la quale pare sempre più a rischio per effetto del lungo periodo di difficoltà attraversato dall’Italia, schiacciata, tra l’altro, da un imponente debito pubblico, che pare destinato a crescere ancora... (segue)
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