La persistente incertezza dell’ampiezza e della consistenza della potestà cognitiva del giudice amministrativo suggerisce nuove riflessioni sulla latitudine del sindacato giurisdizionale della legittimità degli atti nei quali si declinano le funzioni pubbliche (sia amministrative, sia normative) e sul ritaglio dei pertinenti spazi di insindacabilità (da intendersi, come tali, immuni da ingerenze giurisdizionali). Il tema, che affatica da decenni giurisprudenza e dottrina (oltre ad impegnare il legislatore in un’opera incessante di precisazione dei predetti ambiti), potrebbe anche ritenersi sufficientemente meditato e definito, in esito ad approdi ricostruttivi e dogmatici stabili ed affidabili, ma potrebbe anche intendersi ancora bisognoso di ulteriori approfondimenti, che ne permettano una più accurata catalogazione (riferibile, come tale, a nuovi oggetti contenziosi, come, appunto le linee guida dell’ANAC). Dev’essere, in particolare, registrata un’evidente (e fisiologica) difficoltà di enucleare regole universali sulla consistenza del controllo di legittimità della funzione amministrativa (che consiglia un supplemento di analisi del tema). Il dibattito sulla dicotomia tra controllo forte e debole (in particolare sugli atti delle autorità amministrative indipendenti) e sul sindacato estrinseco o intrinseco (in particolare degli atti caratterizzati da discrezionalità tecnica) mostra, infatti, tutta la sua fragilità e sconta le difficoltà connesse all’estrema eterogeneità della conformazione normativa delle funzioni giudicate, palesando, così, la sua incapacità di offrire soluzioni valide (in astratto) per tutte le tipologie di esplicazione dei pubblici poteri. Ogni norma attributiva del potere risulta, a ben vedere, strutturata secondo uno schema del tutto peculiare che impedisce l’affermazione di paradigmi univoci e universali e che costringe a limitare l’indagine all’enunciazione di canoni necessariamente generici (ancorchè funzionali ad essere declinati alla specifica fattispecie normativa e amministrativa esaminata). Non ha molto senso, in altre parole, affannarsi ad argomentare la tesi del controllo debole o di quello forte, mentre serve definire un paradigma oggettivo e idoneo a tracciare i margini entro i quali può essere giudicata la funzione amministrativa esercitata, senza invadere l’ambito riservato dall’ordinamento all’amministrazione (e senza che possa essere validamente eroso dalla giurisdizione). In questa prospettiva, appare utile rammentare che la giurisdizione amministrativa (nonostante le recenti evoluzioni della sua interpretazione verso i nuovi, ma incerti, approdi del “giudizio sul rapporto” e della completa satisfattività della tutela erogabile) resta connotata dall’ineludibile carattere del controllo del corretto esercizio delle funzioni pubblicistiche... (segue)
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