
La giurisprudenza sta richiamando l’attenzione sulla tassazione a livello comunale di una porzione della superficie del mare, in ragione della presenza di ormeggi destinati a posti barca stagionali e annuali. Più nel dettaglio, per quanto qui di interesse, la fattispecie solleva delle questioni che attengono alla idoneità di tali aree ad essere assunte a presupposto della tassa sui rifiuti (Tari) creando fondamentalmente due ordini di problemi. Il primo è costituito dalla coerenza tra l’attitudine della superficie del mare a produrre rifiuti e la natura della tassa in oggetto. Infatti, richiamando la distinzione dottrinale tra tributi ambientali in senso stretto e tributi con funzione ambientale occorrerà valutare in quale delle suddette categorie poter iscrivere la Tari per poi domandarsi se la tutela ambientale trovi un qualche riscontro oggettivo con l’imposizione della superficie del mare delimitata dai posti barca. Tali considerazioni dovranno allora necessariamente confrontarsi con il principio “chi inquina paga” per comprendere se e come la disciplina della Tari applicata al presupposto costituito dai posti barca ne rispetti la logica. Inoltre, a corollario delle considerazioni sulla natura della Tari occorrerà valutare la sua applicazione alla superficie del mare in considerazione della domanda elastica o rigida dei posti barca: infatti, simili caratteristiche, nonché l’esistenza di prodotti sostitutivi, determineranno sia una maggiore o minore efficienza del tributo, ambientale o con funzione ambientale, sia rilevanti conseguenze sulla traslazione dell’imposta. Il secondo ordine di problemi riguarda, invece, l’autonomia regolamentare dei Comuni volta a specificare tale fattispecie imponibile rispetto alla disciplina del tributo stabilita a livello statale: un ruolo degli enti locali nel regolamentare l’imposizione dei posti barca in ragione del principio della riserva di legge relativa, contenuto nell’art. 23 della Costituzione, e in considerazione del riparto delle competenze che comporta una disciplina normativa strutturata sui due livelli Stato/ente locale (leggi e fonti secondarie). Anche in materia ambientale, quindi, la “produzione secondaria” del diritto svolge un ruolo fondamentale che tuttavia dovrebbe attenersi alla tecnicità delle “decisioni” e al quadro delle disposizioni legislative di portata generale. Pertanto, il rapporto tra competenze normative/regolamentari e autonomia degli enti locali deve trovare un bilanciamento che consenta sia di disciplinare nel dettaglio quanto stabilito nella normativa generale a livello nazionale sia di attribuire una unitarietà di fondo a livello nazionale… (segue)
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