Con l’ordinanza n. 207/2018 la Corte costituzionale è intervenuta sulla questione di legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio, decidendo di rinviare la discussione a una nuova udienza e concedere al Parlamento undici mesi per «l’eventuale sopravvenienza di una legge che regoli la materia in conformità alle segnalate esigenze di tutela». Nel giudizio a quo, come noto, è imputato Marco Cappato per il reato di cui all’art. 580 c.p.: rafforzamento del proposito suicidario e agevolazione del suicidio di Fabiano Antoniani. La vicenda storica all’origine della condotta di Cappato è ben conosciuta: a seguito di un grave incidente stradale Fabiano Antoniani era rimasto tetraplegico e affetto da cecità permanente, pur conservando le proprie facoltà intellettive, non era più autonomo nella respirazione e nell’alimentazione ed era affetto da ricorrenti spasmi, produttivi di acute sofferenze che non potevano essere completamente lenite farmacologicamente, se non mediante sedazione profonda. Esperito invano ogni tentativo di cura anche sperimentale, la situazione clinica di Fabiano era risultata irreversibile e questi aveva comunicato ai familiari la volontà di porre fine alla propria vita. Fabiano era, così, entrato in contatto con Marco Cappato al quale aveva richiesto un aiuto per recarsi in Svizzera e realizzare il proposito suicidario. Quale alternativa Cappato aveva prospettato la possibilità di sottoporsi in Italia a sedazione profonda, con interruzione dei trattamenti di respirazione e alimentazione artificiale, ma il proposito di Fabiano era rimasto immutato e Cappato aveva, così, accettato di accompagnarlo in auto presso la struttura elvetica per il “suicidio assistito”. Il 27 febbraio 2017 Fabiano procedeva ad azionare con la bocca uno stantuffo per l’iniezione del farmaco letale. Di ritorno dalla Svizzera lo stesso Cappato si autodenunciava alle autorità e veniva rinviato a giudizio dinanzi alla Corte di Assise di Milano per il reato di cui all’art. 580 c.p. Dopo aver escluso la fondatezza della imputazione di rafforzamento del proposito suicidario, la Corte riteneva che l’accompagnamento in auto presso la clinica svizzera potesse integrare la fattispecie dell’aiuto al suicidio, in quanto condizione per la realizzazione dell’evento morte, ma dubitava della legittimità costituzionale della disposizione penale nella parte in cui incrimina le condotte di aiuto al suicidio che non abbiano in alcun modo contribuito a determinare o a rafforzare il proposito della vittima. La Corte di Assise decideva, così, di sollevare la relativa questione di legittimità costituzionale alla quale la Consulta risponde con l’ordinanza n. 207/2018: una decisione che assume un rilievo fondamentale nella giurisprudenza costituzionale sia per ragioni processuali sia per motivi di merito. In primo luogo, il provvedimento è connotato da una vocazione che potremmo definire “bifronte”: è un’“ordinanza” perché, oltre ad essere così definita formalmente, opera sul procedimento costituzionale disponendo il rinvio a una nuova udienza di discussione e la sospensione del giudizio a quo. Al contempo, però, la decisione entra analiticamente nel merito della questione di legittimità costituzionale sollevata e assume tutti i connotati di una sentenza di “incostituzionalità accertata ma non dichiarata” almeno fino alla nuova udienza di discussione. Dal punto di vista procedurale la decisione in oggetto costituisce un unicum nel panorama decisorio del Giudice delle Leggi là dove dispone il rinvio della discussione per motivi di merito e non, come di consueto, per ragioni processuali, dando un tempo contingentato al Parlamento per intervenire «in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale». La stessa Corte, consapevole del carattere innovativo della pronuncia, dichiara di poter fare «leva sui propri poteri di gestione del processo costituzionale» per addivenire ad una simile tipologia decisoria. Quanto al merito la Consulta si discosta dal generico riferimento alla libertà personale ex artt. 2 e 13 Cost. e opera una sorprendente “ricostruzione chirurgica” della questione di legittimità costituzionale sollevata, collocandola nell’alveo dell’art. 32 Cost. e della libertà di autodeterminazione in ambito terapeutico. In questa sede si cercherà di ripercorrere le censure mosse dal giudice a quo avverso la fattispecie incriminatrice dell’aiuto al suicidio, per poi valutare analiticamente la risposta della Consulta, evidenziando i profili innovativi che connotano l’ordinanza e, nondimeno, i problemi procedurali e sostanziali che essa pone in termini di “seguito” legislativo e giurisprudenziale… (segue)
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