Giurisprudenza creativa e digitalizzazione: una pericolosa interazione che accresce i rischi di incertezza sulle regole processuali.
La tutela cautelare monocratica sembra destinata a costituire un terreno fertile per la giurisprudenza creativa.
Sono noti (ancorché rari) i decreti con i quali alcuni Presidenti di Sezione del Consiglio di Stato, nonostante il chiaro disposto dell’art. 56, comma 2, c.p.a. nel senso dell’inoppugnabilità delle decisioni cautelari monocratiche, ne hanno (non solo in concreto[1], ma anche solo in astratto[2]) affermato l’appellabilità, con buona pace di quanti, credendo di poter confidare (quantomeno) nella certezza delle regole processuali univoche, si erano “rassegnati” ad accettare l’esito dell’istanza o – se avvocati – avevano rappresentato al loro assistito la sua inoppugnabilità, dissuadendolo dal gravare gli organi giurisdizionali di azioni che il codice testualmente dichiara inammissibili (con disposizioni che, quantomeno fuori dei casi di rilevanza eurounitaria, sono evidentemente vincolanti anche per i tutori di legge[3]. Ciò che, all’evidenza, non agevola la deflazione del contenzioso.
Merita ora segnalare il decreto presidenziale (n. 503) con cui, nell’ultimo giorno dell’infausto 2020, il TAR Emilia Romagna, a fronte di un ricorso contenente una generica istanza di tutela cautelare (a quanto è dato comprendere, non solo non formulata ai sensi dell’art. 56 c.p.a., ma neppure - coerentemente - accompagnata dall’indicazione di ragioni di “estrema gravità e urgenza”), ha ritenuto che la mera “flaggatura” della casella dell’istanza cautelare monocratica, in una con la rappresentazione (ancorché generica) dell’esigenza di una cautela “immediata”, “può intendersi come chiara voluntas di chiedere l'intervento dell' adito giudice nella forma della misura cautelare monocratica, equivalente sostanzialmente ad una istanza ex articolo 56 CPA ancorché in tali espressi sensi non formulata”.
La decisione è “arricchita” dal riferimento all'obbligo di leggere la normativa processuale “in tema cautelare e precautelare in conformità alle fonti normative comunitarie “che contengono in nuce la regola volta ad affrontare anche senza contraddittorio uno strumento di tutela cautelare d'urgenza a tutti i diritti o agli interessi oppositivi pretensivi o procedimentali”.
Come in alcuni dei richiamati decreti monocratici in appello, la regola è stata peraltro affermata solo in astratto, perché in concreto la (presunta) istanza è stata respinta proprio per la non ravvisabilità “nelle more della trattazione collegiale dell’incidente cautelare, [di] una situazione di periculum avente i connotati della estrema gravità ed urgenza”.
Nell’intento, pur tendenzialmente apprezzabile, di garantire una tutela più effettiva al ricorrente, il decreto trascura tuttavia due principi altrettanto importanti, come quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e quello, ad esso nella specie strettamente correlato, del diritto delle parti resistenti e controinteressate ad essere immediatamente e chiaramente informate dell’oggetto e del perimetro dell’azione intentata nei loro confronti, in modo da potere, se lo ritengono e sono in grado di attivarsi in modo tempestivo, rappresentare le proprie ragioni all’organo decidente “prima” che esso si pronunci. A tale scopo, all’esito di un’attenta e ponderata valutazione e valorizzazione dei contrapposti interessi, l’art. 56 c.p.a. ha espressamente imposto, al comma 2, il controllo del giudice sul perfezionamento della notifica dell’istanza (consentendone l’effettuazione a mezzo fax anche in assenza di autorizzazione)[4]. Le controparti cui non è stata notificata una “espressa” richiesta di cautela monocratica – per l’assenza del richiamo all’art. 56 c.p.a. e la mancata rappresentazione di ragioni di “estrema gravità e urgenza” – hanno quindi il diritto di organizzare e articolare la propria difesa nei termini previsti dall’art. 55 c.p.a., senza essere onerate dell’obbligo di consultare il sito della giustizia amministrativa, peraltro in questa parte accessibile solo da giudici e da avvocati, per verificare eventuali, magari erronee, “flaggature” di caselle non corrispondenti ai contenuti dell’atto.
Come accaduto al legislatore nell’ultimo decreto di proroga della sospensione dei termini del processo amministrativo[5], sembra dunque che al decreto in commento sia sfuggito che l’effettività della tutela deve essere egualmente garantita a tutte le parti del processo (regola valida peraltro, a ragione ancora più forte, nel processo amministrativo di primo grado, che vede di norma, nell’Amministrazione, portatrice di interessi pubblici, la parte resistente).
Non solo.
La regula iuris teoricamente affermata con il decreto in oggetto può essere estremamente pericolosa nel contenzioso in materia di aggiudicazione dei contratti pubblici. È noto, infatti, che il rigetto della domanda cautelare – collegiale o monocratica – determina la cessazione dell’effetto sospensivo automatico prodotto dalla sua proposizione, il che rende, all’evidenza, inopportuna la formulazione di istanze monocratiche. Quid iuris se, per errore materiale, la segretaria “flagga” la relativa casella?
In questo caso, la “combinata” giurisprudenza creativa-digitalizzazione è davvero deflagrante.
maria alessandra sandulli
[1] Cons. St., Sez IV, 7 dicembre 2018, n. 5971.
[2] Cons. St., Sez. III, inter alia, 30 marzo 2020, n. 1553; 31 marzo 2020, n. 1161 e, da ultimo, 11 gennaio 2021 n. 18; contra, Cons. St., Sez. VI, 23 marzo 2020, n. 1343.
[3] M.A. Sandulli, Sugli effetti pratici dell’applicazione dell’art. 84 d.l. n. 18 del 2020 in tema di tutela cautelare: l’incertezza del Consiglio di Stato sull’appellabilità dei decreti monocratici, in federalismi, Osservatorio Covid-19, 2020.
[4] Si consenta il rinvio a M.A. Sandulli, La fase cautelare, in Diritto processuale amministrativo, 4/2010.
[5] M.A. Sandulli, Nei giudizi amministrativi la nuova sospensione dei termini è 'riservata' alle azioni. Con postilla per una proposta di possibile soluzione, in federalismi, Osservatorio Covid-19, 2020.