
Lorenza Carlassare credeva nelle parole dalle radici sincere, non certo negli slogan o nel blaterare «senza sapere ciò che effettivamente si dice». Per questo confessava: «io credo molto nella parola, altrimenti non parlerei». Discutere costruttivamente di tutto e con tutti, anche e soprattutto con chi sapeva avverso alle sue idee, era perciò una sua costante, «perché penso» – ripeteva – «che proprio negli ambienti a noi più lontani si possa lasciare un seme». Per continuare idealmente sulla strada da lei indicata, si possono dunque selezionare e proporre alcune parole pregnanti (tra le tantissime) che aiutino a illustrare almeno in parte lo spessore umano e intellettuale di Lorenza Carlassare. In questi primi, tristissimi giorni senza di lei. In tal senso, una parola da cui muovere è “fascino”. Lorenza rendeva affascinante ogni tema, anche quelli più ostici. I suoi scritti e le sue spiegazioni – a lezione, durante le conversazioni con studenti o allievi, nel corso di occasioni pubbliche – traducevano in frasi a tutti comprensibili quanto poteva sembrare di primo acchito alquanto complesso, squadernavano con naturalezza le ragioni fondanti di un istituto o di una disposizione, arrotondavano spigoli concettuali e immancabilmente stimolavano a procedere oltre. Era inoltre invidiabile il modo in cui riusciva – sempre – a fare colpo sull’uditorio, rendendoselo immediatamente amico, complice, interlocutore attento e divertito. Un “fascino” che catturava le studentesse, gli studenti o chi comunque l’ascoltava o si trovava a parlare con lei. In ciò era aiutata certo anche dai suoi modi eleganti ma mai distaccati, dalle battute istintive, dai paradossi che improvvisava per illustrare un concetto o smontare una tesi, da un sorriso e da uno sguardo che, semplicemente, conquistavano. Un’altra parola che la descrive – ma non si tratta di un ordine ragionato – è “passione”. Lorenza Carlassare ha posto una passione smisurata in tutto ciò che ha prodotto: nella didattica, nello studio, nella ricerca, nel prendere posizione pubblica a favore di ciò in cui credeva, nel non celare mai come la pensava (e soprattutto perché lo pensava), nell’organizzazione di incontri scientifici o nel dedicarsi anima e corpo alla divulgazione (ad esempio tramite la fortunata e frequentatissima esperienza pluriennale della “Scuola di cultura costituzionale” organizzata a Padova). Non negandosi pertanto mai a chiunque le rivolgesse un invito, si trattasse anche di svolgere un incontro per pochi intimi in un paese sperduto… (segue)
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