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NUMERO 3 - 09/02/2011

Da Pomigliano a Mirafiori: in auto per andare verso dove?

L’accordo di Pomigliano e quello, di poco successivo, di Mirafiori, relativi a stabilimenti impegnati nella produzione di autoveicoli per un mercato globale e, al tempo stesso, molto aperto alla concorrenza fra produttori, hanno suscitato discussioni, tensioni e, cosa non consueta, veri e propri conflitti fra le organizzazioni sindacali. 
Per orientarsi rispetto a valutazioni molto diverse di questi accordi e, soprattutto, per cercare di capire quali reali questioni sollevano e quali utili aggiustamenti del sistema di relazione industriali sollecitano, è opportuno partire dal tentativo di razionalizzazione degli assetti della contrattazione collettiva definito solo qualche mese prima con l’accordo quadro del gennaio 2009 e, per quanto in particolare riguarda l’industria, con l’accordo interconfederale del 15 aprile 2009.
Confermando e, su alcuni aspetti, innovando le regole precedenti, questi accordi di autoregolazione del sistema contrattuale hanno ribadito lo schema a due livelli.
Da una parte, infatti, hanno confermato la primazia del contratto nazionale di categoria quale fonte garante di trattamenti economico/normativi uniformi per tutti i lavoratori appartenenti alla medesima categoria; dall’altra, hanno specializzato ancor di più il contratto di secondo livello, in pratica il contratto aziendale, nella istituzione/regolazione di voci retributive legate alla crescita dell’efficienza e della produttività del lavoro.
Ancora molto, dunque, nei contratti nazionali di categoria e da ciò la domanda: l’uniformità conseguente all’applicazione di contratti collettivi nazionali di categoria, piuttosto pervasivi, è compatibile con i peculiari problemi vissuti dalle diverse aziende?
Interrogativo, questo, legittimato anche dal fatto che le categorie, come insieme di aziende a cui ogni contratto collettivo nazionale di categoria si rivolge, sono spesso un aggregato molto eterogeneo e la concorrenza internazionale può condizionare in maniera notevolmente diversa aziende pur inquadrate, magari per risalente tradizione, nella medesima categoria.
La conseguente esigenza di trovare punti di equilibrio fra uniformità e diversificazione aziendale delle discipline, soprattutto per gli istituti più direttamente legati all’organizzazione del lavoro, non è ignorata dagli accordi di riforma del sistema contrattuale, prima citati.
Tali accordi, infatti, hanno espressamente previsto la possibilità che il contratto nazionale di categoria consenta al livello aziendale di “modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentatale e temporanea, singoli istituti economici e normativi” già disciplinati a livello nazionale e ciò sulla base di “parametri oggettivi” predeterminati dallo stesso contratto di categoria... (segue) 



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