editoriale di Piero Alberto Capotosti
Ristrutturazione bipartitica del sistema o ennesima fase transitoria?

Quali erano le novità più rilevanti che si profilavano sul piano politico-partitico prima di queste elezioni? Due, a mio avviso: innanzi tutto, la propensione a passare, anticipando, in un certo senso, il fine intrinseco del referendum, dal bipolarismo al bipartitismo, o, per meglio dire, da un bipolarismo eterogeneo e “forzoso”, incentrato sugli schieramenti, ad un bipartitismo tendenzialmente di programma, rafforzato per di più dall’insistito richiamo, durante la campagna elettorale, al “voto utile”. In secondo luogo, una conseguente semplificazione del quadro politico, derivante dall’assorbimento di alcune forze politiche nei due partiti-contenitore, nonchè dalla formazione, da un lato, di una nuova coalizione dei partiti della sinistra radicale e, dall’altro lato, dalla costituzione di un’autonoma forza di centro. Si deve inoltre tenere presente che i due partiti maggiori avevano dato vita, prima delle elezioni, a due mini-coalizioni con altrettante forze politiche, determinando così, nel complesso, una situazione partitica più lineare e “leggibile”.
Si deve tuttavia precisare che questa sostanziale semplificazione dell’assetto partitico che in larga parte si è verificata per scelta spontanea, attuata peraltro, come è noto, in tempi e modi completamente diversi, dei due partiti principali, era apparsa di dimensioni inferiori a quanto sperato, poiché l’accennata tendenza al bipartitismo aveva in qualche modo indotto e favorito la presentazione di liste contrarie a questa scelta politica di aggregazione. D’altronde anche il sistema maggioritario adottato per il Senato, che rende difficilmente prevedibile il risultato finale in quanto il premio si risolve nella sommatoria dei diversi premi regionali, spingeva nella medesima direzione... (segue)
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