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NUMERO 23 - 03/12/2008

Achille e la tartaruga. Ovvero, il futuro della specialità

Sono tempi difficili per le autonomie speciali. Solo qualche anno fa il nuovo regionalismo, specie quello su base etnica, appariva in irrefrenabile avanzata, e il declino degli Stati nazionali ormai inevitabile. Gli Stati sembravano destinati ad essere schiacciati tra Bruxelles e le piccole patrie, e si parlava insistentemente di “Europa delle Regioni”. Oggi il panorama è molto cambiato: l’11 settembre, i nuovi equilibri internazionali, lo stallo del processo di integrazione europea e molti altri fattori – da ultimo la crisi finanziaria mondiale – hanno riportato gli Stati al centro della scena. Quello che sembrava un corpo politico destinato, se non all’estinzione, almeno ad un sostanziale ridimensionamento è tornato in sella più forte e baldanzoso che mai. Un indicatore per tutti? I commissari europei che lasciano Bruxelles per fare i ministri nei propri governi (Frattini, Solbes, Mandelson), quando fino a poco fa accadeva l’inverso. Con la ripresa della statualità si riduce lo spazio di manovra per gli enti substatali, specie per le regioni che agli Stati tendono ad assomigliare di più: quelle dotate di forme particolari di autonomia, generalmente per ragioni di diversità etnica, linguistica e culturale rispetto alla popolazione maggioritaria dello Stato.
Questo nuovo quadro complessivo induce ad interrogarsi sulle prospettive della specialità regionale. E’ vera crisi? Si tratta di un fenomeno complessivo, o riguarda solo alcuni aspetti della specialità? E quali? L’impressione che si ricava da quanto accade è che sia venuta meno non già la ragione dell’autonomia differenziata né lo spazio per il suo esercizio, quanto piuttosto la possibilità per le regioni speciali di mantenere l’incertezza rispetto alla propria finalità ultima. Una crisi di obiettivi, non di strumenti.

2. La Catalogna, approvato nel 2006 il nuovo statuto che ne ha rafforzato la posizione nel contesto spagnolo, ha progressivamente diminuito, almeno nei toni, le richieste di ulteriori competenze e finanziamenti, nella consapevolezza che non sarebbero probabilmente state soddisfatte. La fase attuale è all’insegna di un consolidamento senza ulteriori accelerazioni: una prudente attesa, lasciando che siano le altre Comunità autonome a rincorrere il modello. 

(segue)



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