
Come noto, il 9 novembre 2022 la Commissione europea ha pubblicato un documento contenente gli Orientamenti per la riforma del quadro della governance economica europea, che recepisce alcune delle proposte avanzate da più parti sul tema. Chiaramente, appunto, si tratta “solo” di orientamenti, i.e. linee guida, contenuti in una comunicazione della Commissione, quindi in un atto non giuridicamente vincolante, pertanto, finché non si trasformeranno in una vera e propria proposta nell’ambito di un processo di codecisione volta all’adozione di un regolamento (ai sensi del combinato disposto degli artt. 289, c.1 e 294, TFUE) non implicheranno la necessaria discussione e approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, il che, tutto sommato, mi sembra positivo, dal momento che lascia ampi spazi al dibattito sui suoi contenuti che, al momento, non sono ancora del tutto definiti. L’augurio è che, su una materia così importante e, soprattutto, sotto i riflettori di Istituzioni e organizzazioni nazionali e internazionali e della pressoché totalità della dottrina economica e giuridica, non si utilizzino (aggirando le regole del TFUE) i c.d. triloghi, le ben note riunioni informali interistituzionali usate sempre più frequentemente per negoziare un accordo tra Commissione, Parlamento e Consiglio, eludendo di fatto il dibattito parlamentare, in questo caso più necessario che mai. La Comunicazione prevede essenzialmente tre punti fondamentali rifacendosi, in qualche modo, a quanto già sperimentato con altri meccanismi. In primo luogo, gli Stati membri vengono distinti in tre diversi gruppi a seconda del loro indebitamento: elevato (oltre il 90% del PIL), moderato (tra il 60 e il 90%) e basso (inferiore al 60%) (... segue)
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