
Era da tempo che non se ne parlava più. Ogni tanto veniva evocato come problema più teorico che effettivo. Riassumibile nel dilemma filosofico: si può essere tollerante con gli intolleranti? Nello specifico, con quei partiti politici che propagandano idee non allineate ai principi di una democrazia liberale. O che addirittura si pongono in opposizione alle regole costituzionali. Partiti che sono stati definiti “antisistema”. Ammesso e non concesso che ci sia un “sistema” nei confronti del quale non bisogna opporsi. Nemmeno attraverso la libera manifestazione del pensiero? Due democrazie del dopoguerra, quella italiana e quella tedesca, risolsero il problema direttamente nella costituzione. L’Italia varò la XII diposizione finale e transitoria che prescrive: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. La Germania, invece, approvò una norma più ficcante, l’art. 21, comma 2: “I partiti che per i propri obiettivi e per il proprio comportamento dei propri aderenti mirano a pregiudicare o sovvertire l’ordinamento liberal-democratico, a mettere in pericolo la stabilità della Repubblica Federale di Germania sono incostituzionali. Sulla questione della incostituzionalità decide il Tribunale costituzionale federale”. Come in effetti avvenne: nel 1952 Il Tribunale costituzionale dichiarò incostituzionale il Partito Sociale del Reich e nel 1956 escluse il Partito Comunista di Germania. Chiaramente le decisioni degli anni Cinquanta risentivano ancora della eco del recente passato nazista. Da qui nacque l’esigenza di bloccare qualunque partito che facesse risorgere dalle ceneri una dittatura. A destra come a sinistra... (segue)
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