La maggioranza si era presentata ad inizio legislatura in ottime condizioni numeriche e politiche. Tuttavia due erano i suoi punti di debolezza. Tutti e due, ma soprattutto il secondo, sono rimasti e si sono aggravati.
Il primo era relativo alla genesi del Pdl, avvenuta per quote rigide tra i partiti cofondatori: 70 % per Forza Italia e 30% per Alleanza Nazionale. Un compromesso provvisorio, destinato inevitabilmente e abbastanza presto ad essere rimesso in discussione. Il Presidente del Consiglio lo ha ridiscusso di fatto, portando larga parte dell'ex Alleanza Nazionale nella propria area di gravitazione, già più di quanto non lo fosse in precedenza, e precostituendo così le condizioni di una rottura con un Gianfranco Fini marginalizzato. Quest'ultimo, però, invece di contestare lo status quo in nome di un progetto democratico di contendibilità della leadership attraverso primarie o comunque attraverso un metodo democratico e di giungere eventualmente a una rottura su tale base, presentandola positivamente per sé e per il Paese come una legittima difesa nel quadro di un completamento virtuoso della transizione del sistema dei partiti, si è sostanzialmente attestato su successive prese di posizione tattica, dalla rottura per creare una "terza gamba" della coalizione (settembre) fino a quella che lo ha portato, poche settimane dopo, precipitosamente, tra novembre e dicembre, all'opposizione. Per di più ha gestito queste oscillazioni tattiche in prima persona, con un'obiettiva contraddizione rispetto al suo ruolo istituzionale, la cui indipendenza rispetto alla mischia politica quotidiana andrebbe preservata non solo quando si dirige l'Aula. Indubbiamente questa critica è poco credibile se la espone lo schieramento politico di un Presidente del Consiglio abituato a non frequentare quasi mai le Aule delle Camere, come invece si fa nelle normali democrazie parlamentari, a cominciare da quella maggioritaria di Westminster dove la legittimazione popolare si aggiunge al (e non sostituisce il) rapporto fiduciario, ma sbaglierebbero comunque le forze di opposizione a tacere su questo problema per logiche di politique politicienne immediata, per vantaggi di parte. Il rispetto per le istituzioni precede le collocazioni e gli interessi di fazione...
La giurisprudenza costituzionale sui temi del coordinamento della finanza pubblica è copiosa e ampiamente dedicata agli aspetti dinamici, tuttavia del “coordinamento dinamico”, del quale oggi si occupano espressamente in questi termini le riforme in atto, non emerge un autonomo rilievo bensì la riconduzione alla indifferenziata attribuzione in Costituzione della competenza legislativa per il coordinamento della finanza pubblica, di cui al comma 3 dell’art. 117... (segue)
Il migliore auspicio per il 2011 è che si possano realizzare e/o completare quelle riforme strutturali indispensabili per conseguire la qualità delle prestazioni della pubblica amministrazione a tutti i suoi livelli, per rilanciare concretamente l’economia e mettere, dunque... (segue)
Lo spunto per tornare a riflettere sulle mastodontiche operazioni di riduzione quantitativa dello stock di legislazione statale formalmente vigente che hanno caratterizzato il primo triennio della Legislatura in corso e che, nel linguaggio comune, sono ormai note come “operazioni taglia-leggi”... (segue)
Il tipo di sindacato – deferente o incisivo, forte o debole – che i giudici dovrebbero svolgere nei confronti degli atti delle autorità indipendenti è un tema sensibile e molto discusso dovunque figure riconducibili a quella categoria siano diffuse. Se si aderisce all’idea che la valutazione dei problemi che si pongono al giurista non possa che avvenire in modo topico, vale a dire... (segue)
Il giudizio più puntuale riportato in questo volume sulla diarchia tra re e duce nel ventennio è quello di Italo Balbo, pronunciato nel 1930, sulla scorta dell'esperienza spagnola di Alfonso XIII e Primo de Rivera: "La caduta di un autentico dittatore in regime monarchico... (segue)
Pur cimentandosi in un «genere» non poco frequentato – la comparazione tra autonomie territoriali italiane e spagnole – il volume curato da Josep Ma Castellà Andreu e Marco Olivetti, Nuevos Estatutos y reforma del Estado. Las experiencias de España e Italia a debate... (segue)
Lo schema di decreto legislativo approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri l’11 ottobre 2010 (in seguito citato, per brevità, come “decreto”) disegna un sistema di entrate regionali complessivamente soddisfacente, ma presenta una serie di problemi riguardo a specifici aspetti dei singoli tributi e alla generale limitazione della pressione tributaria. A differenza di quanto previsto per le province in questo stesso decreto e per i comuni nello schema di decreto legislativo approvato dal Governo in prima lettura il 4 agosto 2010, alle regioni viene assegnato un mix di entrate tributarie sufficientemente differenziate e che prevedono un buon grado di manovrabilità... (segue)