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Numero 16 - 24 agosto 2011 NORMATIVA [22]    GIURISPRUDENZA [27]    DOCUMENTAZIONE [14]

Quale manovra, quale Europa

La recentissima crisi finanziaria che ha costretto l'Italia ad una durissima manovra aggiuntiva agostana è pochissimo - se non per niente - legata ad una presunta mancanza di credibilità del governo pro tempore in carica in Italia: in realtà, checché ne dica l'opposizione interna, è una crisi strutturale e, se non globale, almeno occidentale, come dimostrano la situazione statunitense e gli attacchi di questi ultimi giorni a Spagna e Francia e l'improvvisa caduta della borsa in Germania, legata al dato della mancata crescita del PIL nell'ultimo semestre. Proprio perché strutturale, questa crisi poteva però, con un più attento monitoraggio, essere prevista e anticipata, evitando la sensazione di non avere minimamente pronto un piano di interventi e impedendo lo squadernamento scomposto di ogni ipotesi e del suo contrario, mantenendo così alto l'effetto sorpresa sulle misure previste (effetto necessario in manovre di questo tipo per evitare fughe e imboscamenti dei cespiti aggredibili). D'altra parte, e ciò a conferma della prevedibilità, sono almeno due anni che si discute se le difficoltà europee siano provocate da maiali (pigs) con una o due "i", se cioè i punti deboli siano Portogallo, Irlanda, Spagna e Grecia (pigs) o se ad essi vada aggiunta l'Italia (piigs); e non era certo un dato sconosciuto che l'Italia abbia il quarto debito pubblico più grande del mondo. La crisi, dunque, si poteva immaginare e una qualche responsabilità nell' essere arrivati in questa situazione agli inizi di agosto - dopo una prima manovra certo non leggera - non può essere sottaciuta o negata; così come suona strana l'incertezza che tuttora circonda le richieste della BCE. La crisi italiana, come dicevamo, è strutturale. Per almeno cinque ragioni, tutte peraltro ampiamente note e studiate. Una ragione comune a tutta l'area occidentale; tre ragioni , nazionali, di ordine economico-sociale; una di carattere politico-istituzionale, anch' essa tutta interna. La ragione che accomuna l'Italia a tutti i paesi dell'area delle democrazie occidentali consiste in ciò che noi, così come i nostri consorti europei e americani, viviamo abbondantemente al di sopra delle nostre possibilità. (segue)

 

Commissariati, divisi e impotenti

A luglio sembrava essere stato celebrato il rito della responsabilità e dell’unità; ad agosto si è ritornati a quello della divisione e dell’impotenza. A settembre non si sa. Mentre le borse esultano (rimbalzano) per la fine di Gheddafi, è infatti evidente che le due manovre estive non hanno provocato fenomeni simili all’union sacré dell’estate del 1914, di cui si erano dichiarati così soddisfatti sia il Presidente francese Poincaré che Guglielmo II (in Germania si chiamò Burgfrieden). In verità il commento del Presidente Napolitano, operato alle spalle del decreto del 6 luglio e della sua velocissima conversione parlamentare il 15 dello stesso mese, era stato in apparenza simile attraverso l'uso incisivo e ripetuto del termine coesione (segue)

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Modifiche alla manovra finanziaria del 12 agosto 2011

La manovra va preservata nei saldi complessivi; l’aggiustamento dei conti pubblici decisa dal Consiglio dei Ministri è condizione indispensabile e minimale per ridare credibilità al Paese realizzando la necessaria parità di bilancio nel 2013. La manovra si concentra sulle correzioni economiche (riduzioni di spesa per il 60%, maggiori entrate per circa il 40%), trascurando che la speculazione sui titoli del debito pubblico italiano si è scatenata, non certo per un’improbabile vulnerabilità della struttura economica italiana, quanto per la debolezza del Governo, per l’inaffidabilità della politica, per le sue tante incertezze e contraddizioni che ne ostacolano il funzionamento, per i ritardi che hanno ritardato le riforme. A parte alcuni marginali interventi sui costi della politica (il  più significato è quello delle Province e dell’accorpamento dei Comuni piccoli) (segue)

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Il contributo di solidarietà: profili di illegittimità e possibili correttivi

L’articolo 2, comma 1, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 portante «ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo» introduce, a decorrere dal 2011 e fino al 2013, un prelievo straordinario sui redditi più elevati. Il prelievo è denominato «contributo di solidarietà» e viene ammesso in deduzione dal reddito imponibile Irpef. Si prevede, altresì, che per l’accertamento, la riscossione e il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi. Il decreto istitutivo giustifica espressamente il contributo con la necessità di far fronte alla «eccezionalità della situazione economica internazionale» e di tener conto «delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea». Viene associato, pertanto, all’esigenza di ripristinare l’equilibrio dei conti pubblici dello Stato (segue)

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La tassazione delle rendite finanziarie: quali effetti?

La nuova tassazione delle rendite finanziarie 2011 contenuta nella manovra correttiva di agosto dovrebbe condurre a un aumento di gettito annuo nelle casse dello Stato di quasi 2 miliardi di euro. Le rendite finanziarie sono tutti i proventi e gli interessi (attivi e passivi) che un prodotto finanziario (azioni o titoli di Stato, depositi di conto corrente, Bot, obbligazioni, mutui, riporti e contro termine e anche semplici impieghi di capitali diversi però dall’acquisto di partecipazioni al capitale di rischio di imprese) può generare al momento della sottoscrizione, alla chiusura dell’anno di imposta o al momento del realizzo da parte sia delle persone fisiche che delle persone (segue)

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I servizi pubblici locali nel decreto-legge n. 138 del 2011. Esigenze di stabile regolazione e conflitto ideologico immaginario

L’art. 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (recante “Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dell’unione europea”) aspira a essere, per i principî che afferma e per le soluzioni che propone, una delle misure strutturali, “riformatrici”, invocate nel dibattito politico per essere virtuosamente distanti dalla tecnica dei tagli lineari e degli interventi una tantum. Sembra, cioè, inteso a introdurre stabilmente nel sistema elementi di razionalizzazione funzionale destinati a riordinare un settore economicamente rilevante, ponendo fine a costose inefficienze. Tale benefico effetto permanente potrebbe ulteriormente (segue)

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Lavoro e produttività nell'economia globale. La contrattazione collettiva decentrata dopo la manovra di ferragosto 2011

La contrattazione collettiva decentrata, aziendale e territoriale, è stata richiamata in gioco nelle due manovre anti-crisi di questa estate (d.l. 98 del 2011 con l. conv. 11 del 2011 e d.l. 138 del 2011). Si tratta di due interventi legislativi che disegnano misure volte al sostegno della contrattazione decentrata, con lo scopo di migliorare la combinazione tra lavoro e produttività nell’economia globale. Il primo intervento, inserendosi in una tradizione consolidata, incide sul costo del lavoro con misure fiscali e contributive. Il secondo intervento potrebbe determinare, se adeguatamente corretto in fase di legge di conversione, una significativa evoluzione del sistema italiano di relazioni industriali. Il primo intervento coincide con l’art. 26 del d.l. 98 del 2011 (l. conv. 111 del 2011), il quale disciplina il rinvio alla legge di stabilità la definizione (segue)

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Il d.l. n. 138/2011 e ... la pubblica amministrazione che non c'è

Quando si considerano le misure che il d.l. 13 agosto 2011, n. 138 dedica alla pubblica amministrazione, più che su quanto c’è verrebbe da soffermarsi su quanto non c’è. Quello che c’è: vi sono provvedimenti che riguardano il sistema politico-amministrativo regionale e locale e che altro non sono che la reiterazione di interventi, da tempo, proposti in diverse sedi, istituzionali e dottrinali, e che qui vedono modificati alcuni aspetti riguardanti il “come” ottenere esiti, sino ad ora, cercati ma non conseguiti o solo parzialmente conseguiti. Così è per la soppressione del livello di governo provinciale che, nel d.l. n.138/2011 (art.15), si configura come soppressione parziale: ipotesi che, dal 1970, occupa il dibattito con un andamento carsico, del quale è stata espressione anche la rivitalizzazione che delle Province effettuò la prima legge post-costituzionale di disciplina dell’ordinamento degli enti locali  (segue)

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Il taglio degli enti pubblici. Commento all'art. 1, c. 31, d.l. n. 138 del 2011

Il Governo torna a utilizzare lo strumento del taglia-enti per realizzare nuovi risparmi di spesa attraverso l’art. 1, c. 31, del decreto legge. La norma ricalca in buona parte l’art. 26, l. n. 133 del 2008, che venne denominato, appunto, taglia-enti. Si prevede pertanto che entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge gli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle settanta unità sono soppressi e le relative funzioni sono attribuite alle amministrazioni di vigilanza. Agli enti in questo modo soppressi succede a titolo universale l’amministrazione che svolge funzioni di vigilanza o che è titolare delle competenze maggiori di vigilanza quando queste ultime siano attribuite a più amministrazioni. L’applicazione della norma è automatica  (segue)

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Il decreto-legge n. 138 del 2011: riuscirà la Costituzione a garantire l'autonomia di Regioni e Comuni?

Da una prima lettura delle norme del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 che riguardano gli enti territoriali emerge la conferma di un approccio teso al “contenimento” dell’autonomia di Comuni, Province e Regioni divenuto oramai un vero e proprio filo rosso che tiene insieme, permettendone una lettura complessiva, le misure adottate dal legislatore statale negli ultimi tre anni. Dall’inizio della legislatura ad oggi, allorché nelle diverse occasioni è stato necessario ridurre la spesa pubblica, lo Stato ha senza dubbio insistito sul contenimento della spesa degli enti autonomi tant’è che, come notato dalla dottrina, lo stesso processo di attuazione dell’art. 119 della Costituzione (segue)

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Quando lo slogan prevale: brevi considerazioni sulla riduzione delle Province

L’art. 15 del decreto che il Governo ha emanato per fare fronte alla crisi economica è rubricato “Soppressione di Province e dimezzamento dei consiglieri e assessori”; esso è ricompreso nel titolo IV del decreto e rientra nelle misure volte alla riduzione dei costi degli apparati istituzionali. Che una norma di questo tipo sia stata inserita nella manovra non stupisce più di tanto. La soppressione (o quanto meno la riduzione) delle Province è ormai da anni un leit motiv della politica italiana1; o meglio è uno slogan sbandierato a più riprese non tanto e non solo da alcune forza politiche, quanto, soprattutto, a livello mediatico (noti editorialisti di quotidiani con tirature elevate continuano a proporre la misura come panacea di (quasi) tutti i mali). Le motivazioni sono chiare: sull’opinione pubblica fa evidentemente presa sostenere che le Province sono enti inutili, che costituiscono solamente una spesa e che pertanto il (segue)

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