editoriale di Stefano Nespor
Nei primi sei mesi di quest’anno, quattro centrali nucleari hanno cessato la produzione negli Stati Uniti. Gli impianti nucleare di San Onofre, vicino a San Diego, in California (noto come SONGS) e quello di Oyster Creek nel New Jersey si sono fermati per perdite nei sistemi di aereazione che avevano imposto la sospensione dell’attività. I gestori dell’impianto hanno deciso che i costi dei necessari interventi di manutenzione, di sostituzione delle parti difettose e di messa in sicurezza erano troppo alti e troppo lungo il tempo necessario per riprendere la produzione. Per ragioni non tecniche ma puramente economiche è stato chiuso l’impianto di Kewaunee nel Wisconsin. Infine, per una rottura nella struttura di contenimento durante un rifornimento del combustibile radioattivo, che, nonostante vari tentativi, non si è riusciti a riparare, è stato anche definitivamente bloccato l’impianto di Crystal River in Florida. Ma non basta. Anche gli impianti dei quali era stata avviata la costruzione allorché, pochi anni orsono, l’energia nucleare sembrava prossima a un grande ritorno sulla scena, appaiono sempre più un pessimo affare per le aziende che ne hanno avviato la costruzione: i costi aumentano, i tempi si allungano, i finanziamenti scarseggiano. Sembra inoltre certo che sarà abbandonata la realizzazione della maggior parte delle centrali per le quali era ancora in corso il procedimento di autorizzazione. Non sono passati molti anni da quando la resurrezione dell'energia nucleare sembrava un fatto compiuto, anche se, questa volta, a differenza che negli anni... (segue)