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di Renato Ibrido
La nascita del governo Fanfani VI ed i problemi costituzionali del governo privo della fiducia iniziale
La nomina, da parte del Presidente della Repubblica, di un governo successivamente battuto al “battesimo” della fiducia pone, come è noto, delicati problemi costituzionali di carattere teorico ma anche operativo, i quali investono sia la posizione e legittimazione del “governo di minoranza”, sia la stessa ricostruzione della natura della “forma” di governo italiana. Questa ipotesi si è verificata, in età repubblicana, cinque volte (governi De Gasperi VIII, Fanfani I, Andreotti I, Andreotti V, Fanfani VI) e negli ultimi tre casi il governo privo ab initio della fiducia parlamentare è stato chiamato a controfirmare il decreto di scioglimento e a gestire la successiva transizione elettorale. Rispetto peraltro ai primi quattro precedenti costituzionali, l’esperienza del governo Fanfani VI segnala almeno tre importanti profili di specificità. In primo luogo, a differenza degli altri quattro precedenti, il Presidente della Repubblica non ha proceduto a nominare un governo “monocolore” – espressione cioè del partito di maggioranza relativa – ma si è indirizzato verso una soluzione “ibrida”. Nel governo Fanfani VI erano infatti presenti tre diverse componenti: la componente “istituzionale” rappresentata dal Presidente Fanfani, al quale è spettato l’incarico di presiedere il governo in virtù della propria funzione di Presidente del Senato e non in qualità di esponente della Democrazia Cristiana; la componente “tecnica”, data dai nove “esperti” chiamati a subentrare ai ministri dei partiti laici rappresentati nel precedente governo Craxi II; e la componente politica “monocolore”, con la riconferma di tutti i ministri del partito di maggioranza relativa già presenti nel governo uscente. Si è parlato, in questo senso, di un governo «monocolore scolorito».