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di Veronica Valenti
L’edilizia residenziale pubblica tra livelli essenziali delle prestazioni e sussidiarietà. Osservazioni alla sentenza della Corte Costituzionale, n. 166 del 2008
Dati statistici degli ultimi anni evidenziano come la popolazione italiana manifesti un crescente disagio abitativo, definibile non solo in termini di condizione di privazione ma anche di condizione di sofferenza degli individui, non in grado di soddisfare - o in difficoltà nella soddisfazione - dei bisogni minimi di servizi abitativi.
Tale condizione, per quanto possa essere espressione di una tensione economica e sociale di più ampia portata, manifesta pur sempre delle proprie peculiarità e una propria complessità in ragione di diversi fattori.
In primo luogo, perchè si tratta di un ‘disagio diffuso’, avvertito, cioè, come tale, da soggetti appartenenti a diverse categorie sociali; appartenenti anche a quella classe media, che ormai sfiora le soglie della cosiddetta povertà relativa. Il riferimento va indistintamente a famiglie numerose, ad anziani che vivono da soli, a tutti i lavoratori ‘tipicamente atipici’, a giovani coppie, a famiglie monoreddito, immigrati e sfrattati. Tutti soggetti che incontrano serie difficoltà tanto nell’accensione di un mutuo per l’acquisto di un immobile, quanto nel pagamento della rispettiva rata mensile; tanto nell’accesso a locazioni di immobili a canoni sostenibile, quanto nel pagamento del rispettivo canone mensile.
In secondo luogo, perché, nell’ultimo ventennio, le istituzioni statali e regionali hanno manifestato un sostanziale e progressivo disimpegno, tanto politico quanto finanziario, nei confronti del settore abitativo; con la conseguenza che, allo stato, l’azione pubblica è condizionata dalla pressante necessità di ‘attualizzare’ (se non reinventare) le politiche per la casa alla nuova realtà sociale e reinvestire, in modo strutturale, nell’edilizia residenziale pubblica.
Ma soprattutto, l’azione pubblica in tale settore deve essere calata, oggi, nel ‘nuovo’ assetto regionalista del nostro Paese che, rimodulato dalla riforma del Titolo V della Costituzione, sembra apprestare una tutela multilivello ai diritti sociali in generale, puntando marcatamente sul binomio ‘eguaglianza-differenziazione’ ed accentuando, di volta in volta, un’istanza rispetto all’altra nell’approccio alle dinamiche sociali nelle realtà locali.
E’ inevitabile, pertanto, che in una materia così articolata come è l’edilizia residenziale pubblica, il tentativo di costruire una efficace tutela multilivello anche del diritto alla casa si rivela problematico, specie con riguardo al corretto esercizio delle competenze legislative di ciascun Ente territoriale, alla realizzazione di una collaborazione tra gli stessi che sia effettivamente leale, che non si traduca, cioè, in uno sconfinamento delle competenze reciproche.
(segue)
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