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FOCUS - Riforma costituzionale N. 1 - 27/01/2016

 Nota minima in tema di referendum costituzionali 'parziali': un rebus risolvibile solo spostando il tiro dal piano della normazione al piano dei controlli?

Com’era prevedibile, il dibattito a riguardo dell’alternativa, rispetto al referendum costituzionale “totale” sulla Renzi-Boschi, di uno o più referendum “parziali” si è animato con prese di posizione di vario segno e pari varietà d’impostazione e argomenti. Nella densa riflessione di A. Morrone, dal titolo Uno, nessuno, centomila referendum costituzionali?, che ha dato lo spunto per questa nota, si motiva in modo stringente la tesi contraria allo svolgimento di plurime domande referendarie sul medesimo testo di legge di revisione costituzionale. Eppure, proprio gli argomenti più forti addotti a sostegno della opzione interpretativa patrocinata della sibillina formula costituzionale non sono, a mia opinione, risolutivi. La qual cosa – avverto sin d’ora, a scanso di ogni possibile equivoco – non equivale a dire che risulterebbe per ciò avvalorato l’opposto esito interpretativo favorevole alla pluralità delle domande. Perché il vero è che non basta – a me pare – mettere a nudo eventuali carenze o punti deboli della tesi da ciascuno di noi combattuta per avere per ciò solo acquisita la prova della bontà della tesi avversa. Occorre, insomma, allo stesso tempo in cui ci si discosta risolutamente dall’un corno dell’alternativa, addurre gli elementi che consentano di potersi saldamente tenere dal corno opposto. Il punto è però che, a mio modo di vedere, proprio questo è ciò che fa qui difetto e che parrebbe fare del nostro un problema irrisolvibile, che tuttavia ugualmente richiede di essere risolto, dal momento che la pratica giuridica – come si sa – non consente risposte pilatesche o anfibologiche; ed essere risolto soppesando i pro ed i contra che si rinvengono presso ciascun corno dell’alternativa. Dico subito che de iure condito non mi sembra che ci siano le condizioni perché si possa dar spazio ai referendum parziali. Decisiva, al riguardo, ai miei occhi appare essere la circostanza per cui non si dà alcun controllo preventivo, quale quello che invece si ha sulle domande di abrogazione popolare, che consenta di verificare ex ante (perlomeno, fintantoché sia possibile…) quale possa essere la situazione normativa conseguenziale allo svolgimento del referendum, specificamente per l’aspetto della sua coerenza-ragionevolezza. Quand’anche, dunque, dovesse ritenersi che l’art. 138 cost. non osti alla introduzione di referendum parziali, secondo quanto dirò a momenti, farebbe comunque difetto una disciplina legislativa quale quella che ha portato al riconoscimento della competenza della Consulta a pronunziarsi in ordine all’ammissibilità delle domande di referendum abrogativo. Giustamente, molti autori hanno poi messo in chiaro le non poche differenze che si hanno tra il referendum costituzionale e il referendum di cui all’art. 75 cost., specie per ciò che attiene alla omogeneità dell’oggetto quale condizione necessaria, seppur da sola non sufficiente, di salvaguardia della libera espressione della volontà dei partecipanti alla consultazione popolare. È un fatto, però, che la pluralità delle domande potrebbe liberare dalle ambasce ciascun votante, non obbligandolo ad una sofferta e problematica ponderazione tra le ragioni del  e quelle del no. Allo stesso tempo, a sostegno della tesi del referendum solo “totale” si fa notare che l’esito dello svolgimento di plurime prove referendarie sulla medesima legge risulta imprevedibile in partenza e potrebbe quindi rivelarsi palesemente irragionevole... (segue)



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