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Nonostante siano passati molti anni dalla costituzionalizzazione del principio di ragionevole durata e si sia tentato in più modi di accelerare il corso della giustizia civile (si pensi al filtro prima in cassazione e poi anche in appello, al rito sommario di cognizione, per citare solo quelli più rilevanti), il processo civile italiano resta uno dei più lunghi tra quelli europei. Tra gli (ormai numerosissimi) interventi legislativi volti a ridurre i tempi della giustizia civile, molti costituiscono la traduzione di istituti di origine francese: si pensi alle misure di coercizione indiretta di cui all’art. 614 bis c.p.c. che ricalcano (con alcune modifiche) le astreintes francesi o, ancora, alla negoziazione assistita, che costituisce il trapianto della procédure partecipative. Ancor prima, sono stati modificati gli artt. 669 octies e novies del codice di rito, con il risultato di attribuire alle ordinanze cautelari c.d. anticipatorie il carattere di provvedimento potenzialmente stabile, sulla falsariga del référé francese. Con quest’ultima modifica, il legislatore italiano, ha tuttavia compiuto solo un timido passo verso l’equiparazione dei provvedimenti anticipatori nostrani a quelli d’oltralpe; non è stata infatti introdotta nel nostro ordinamento un'efficace tutela sommaria anticipatoria di condanna svincolata dal requisito del periculum in mora e ricollegata solamente al fumus del buon diritto dell’attore, capace di soddisfare ad un tempo le esigenze di economia di attività processuale e di scoraggiamento dell'abuso del diritto di difesa. Resta pertanto particolarmente attuale il dibattito sul tema dell’opportunità di applicare anche nel nostro Paese l’esperienza francese in tema di référé. Sennonché, per poter esprimere un giudizio sull’opportunità di introdurre una simile tutela nel nostro sistema, appare utile esaminare – sia pure per brevi cenni – l’istituto, descrivendone i caratteri e la struttura e valutando quali effetti il procedimento in questione ha avuto in concreto in Francia... (segue)
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