La giurisdizione esclusiva, forma speciale di giurisdizione amministrativa diversa da quella generale di legittimità, è parte integrante del sistema processuale anteriore a quello in vigore ed è tuttora in auge, come dimostra il continuo ampliamento dei suoi confini sino a tempi recenti. Viene rappresentata tradizionalmente come una deroga alla regola generale di riparto della giurisdizione perché devolve al giudice amministrativo, in determinate materie tassativamente indicate dalla legge, anche le controversie su diritti soggettivi. Alla giurisdizione esclusiva si tende a non riconoscere una ratio unitaria, poiché si ritiene che ogni ipotesi ha la sua storia e le ragioni per le quali è stata creata non coincidono necessariamente con le altre. Riproposta nel codice del processo amministrativo, la giurisdizione esclusiva è oggetto di attenzione da parte della dottrina che si interroga se essa integri un istituto datato, residuo di tempi e concezioni del passato, oppure abbia una sua attuale ragione d’essere, anche in considerazione del fatto che il modello contemporaneo si profila diverso da quello tradizionale. La questione centrale che emerge dalle varie posizioni è quale possa essere il significato da attribuire oggi alla formula «giurisdizione esclusiva», muovendo dalla delimitazione compiuta dalla Corte costituzionale – a partire dalla sentenza 6 luglio 2004, n. 204, in Foro it., 2004, I, cc. 2594 e 2609 ss. – e dalla vigente disciplina codicistica. Le diverse letture propongono una alternativa di fondo, vale a dire se essa realizza una forma peculiare di giurisdizione in grado di assicurare pienezza di tutela a tutte le situazioni giuridiche soggettive rimesse alla cognizione del giudice amministrativo, ovvero rappresenta una forma affine alla giurisdizione di legittimità con la quale condivide il medesimo presupposto (i.e., la presenza del potere amministrativo) e pressoché la stessa disciplina processuale. Il sistema conformato dalla Consulta e recepito dall’art. 7 c.p.a. dà luogo ad un riparto di giurisdizione che, anche in sede di competenza esclusiva su diritti soggettivi, fonda la giurisdizione amministrativa sulla presenza del potere e sulla veste autoritativa della pubblica amministrazione. L’ambito della cognizione piena del giudice amministrativo, inoltre, è ricostruito restrittivamente dalle Sezioni unite della Corte di cassazione. Secondo l’orientamento di gran lunga prevalente, non rientra nella giurisdizione amministrativa ogni controversia su diritti ricadente nelle materie di competenza esclusiva, ma soltanto quelle che originano da atti e provvedimenti che sono manifestazione di potere pubblico. La tematica è strettamente connessa al livello di protezione delle situazioni soggettive erogabile dalla giurisdizione amministrativa, anche alla luce del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Nell’originaria intenzione del legislatore, l’introduzione nel sistema della giurisdizione esclusiva doveva avere lo scopo di superare la regola del riparto e con essa la difficoltà di discernere tra diritto soggettivo e interesse legittimo, affidandone la tutela ad un unico giudice. Ciò che ha indotto anche a descrivere la sua genesi come “somma aritmetica” di due giurisdizioni eterogenee, l’una su interessi e l’altra su diritti. Nonostante i ripetuti interventi della Corte costituzionale e il varo del codice del processo amministrativo, permane incertezza sulla definizione dei perimetri della giurisdizione ordinaria e amministrativa, che non si attenua nelle materie di giurisdizione esclusiva. Le cause sono note e ricollegabili all’accentuata difficoltà di distinguere i diversi ambiti di competenza giurisdizionale e all’esistenza di ampie aree di sovrapposizione per effetto della continua dilatazione dei confini della giurisdizione esclusiva. L’estensione delle materie riservate alla competenza esclusiva è tale da giustificare l’affermazione per la quale il giudice amministrativo “in molti settori dell’ordinamento può ben dirsi ormai un giudice dei diritti al pari del giudice ordinario”. L’assetto del sistema di tutela giurisdizionale nei confronti dei pubblici poteri denota che la protezione dei diritti non può dirsi “occasionalmente ospitata nel giudizio amministrativo”, avendo concentrato il legislatore presso il giudice amministrativo una serie di controversie su diritti in passato rientranti nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario. In tale ottica, si pone anche il superamento della «riserva» di giurisdizione del giudice ordinario nel campo dei diritti fondamentali, prerogativa che poggiava sulla c.d. incomprimibilità di questa categoria di diritti. Il tema del rapporto tra giudice amministrativo e tutela dei diritti è risalente e collegato alla nascita e all’evoluzione della giustizia amministrativa, portando con sé una serie di suggestioni ed investendo più questioni di carattere generale. Risponde ad un’antica convinzione quella secondo cui vi sarebbe un’assoluta incompatibilità tra potere pubblico e diritto soggettivo, che si tradurrebbe in una corrispondente incompatibilità tra giurisdizione amministrativa – che si estrinseca nel sindacato sul potere pubblico – e diritto soggettivo. Il rapporto tra tutela dei diritti e giudice amministrativo si connette alla (ri)definizione dei confini della giurisdizione esclusiva e, più in generale, della giurisdizione amministrativa nel suo complesso in ragione delle esigenze sottese all’art. 24 Cost. A rendere più articolato il quadro di insieme contribuisce l’evoluzione complessiva del sistema di giustizia amministrativa, che da giurisdizione sull’atto tende sempre più a configurarsi quale giurisdizione sul rapporto amministrativo (cfr. Corte cost., 15 luglio 2016, n. 179, in www.cortecostituzionale.it). La relazione tra tutela soggettiva dei diritti e cognizione sulle modalità di esplicazione della funzione pubblica rappresenta tratto saliente della giurisdizione esclusiva, che viene identificata come giurisdizione sul rapporto. I temi appena sintetizzati evocano più profili problematici e zone d’ombra. Le riflessioni che seguono non hanno l’ambizione né di trovare soluzioni, né di diradare i molteplici dubbi. Più semplicemente, l’intento è di esplorare le criticità esistenti, dando conto dei termini in cui esse si pongono, allo scopo di orientarsi in un sistema processuale composito e in continuo movimento... (segue)
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