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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 La centralizzazione degli acquisti permette di spendere 'meglio' nel settore sanitario?

Al Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) è imputabile un volume di spesa per i consumi intermedi che si aggira sui 30 milioni di euro, di cui la maggior parte gestita in forma aggregata. Quest’ultimo dato dimostra che, negli anni più recenti, in campo sanitario ha assunto un ruolo di preminente importanza la tematica delle ricadute di natura organizzativa e gestionale delle procedure degli acquisti di beni e servizi derivanti dai processi di centralizzazione, nonché dalle politiche di spending review. Il volume degli acquisti di questo settore nel 2016 è stato, infatti, stimato nel 28,1% della spesa complessiva ­- con un incremento significativo rispetto all’incidenza del 2000 (18,7%) – dunque, la necessità di contenere i costi, senza intaccare la qualità delle prestazioni o, meglio, cercando di migliorarle, è maggiormente avvertita e deve essere contemperata con la necessità di garantire il diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.). Invero, negli anni più recenti è emersa l’esigenza di arginare l’esplosione del livello di spesa per l’approvvigionamento dei beni e servizi, imputabile quasi integralmente alle amministrazioni locali, ovvero gli enti sanitari locali che spendono soprattutto per prestazioni ospedaliere e ambulatoriali. La vertiginosa crescita dei costi degli acquisti di beni e servizi necessari per la sanità ha, quindi, spinto il legislatore a perseguire politiche pubbliche contraddistinte dall’obiettivo di individuare modalità di aggregazione della spesa efficaci ed efficienti che - mediante benchmark di riferimento- garantiscano, da un lato, la medesima qualità e prezzo dei beni e servizi sul tutto il territorio nazionale e, dall’altro, permettano di ottenere risparmi di spesa… (segue)



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