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Il regime parlamentare, in qualsiasi momento storico, non consente una valutazione isolata dello stato e del rendimento del Parlamento: senza cioè un legame di contesto con il ruolo e il “peso” istituzionale del governo. Nell’attuale vicenda italiana è noto che il c.d. “governo del cambiamento” nasce dall’unione contrattuale di due forze politiche: l’una (il M5S) che si dichiara “populista”; l’altro (la Lega) che si dichiara “sovranista”. L’ interpretazione giuridica dei due termini deve naturalmente prescindere dalle polemiche di natura politica che comunemente li investono e deve, invece, operarsi esclusivamente in base a due articoli della Costituzione, che rientrano anche nei suoi “principi fondamentali” : l’art. 1 e l’art. 11. “Populismo” significa tendenziale rottura dell’equilibrio insito nell’art. 1 dove la sovranità popolare incontra i “limiti della Costituzione”. “Sovranismo” significa tendenziale rottura delle limitazioni alla sovranità nazionale “consentite” dall’Italia, come dice l’art. 11 Cost.: per la formazione di un “ordinamento” sopranazionale. La parola chiave tra questi due principi della Carta costituzionale è “limite”: la controparola è “illimitato”. Il continuum tra il governo “populista e sovranista” - nel senso visto - e la sua maggioranza determina la parlamentarizzazione, cioè la traduzione in forma parlamentare di comportamenti giuridici tendenzialmente antagonisti di tali limitazioni poste in Costituzione. Qui, come si intende, il termine “parlamentarizzazione” assume un significato opposto a quello tradizionalmente attribuitogli. Esso denotava la progressiva adesione di forze politiche anti-sistema al modus operandi del regime parlamentare (nel senso di rispetto non solo delle sue procedure ma, soprattutto, del pluralismo istituzionale, politico e sociale in esse presupposto). Il fenomeno inedito, oggi invece registrato, di forze populiste-sovraniste divenute largamente maggioritarie in Parlamento, conduce all’uso di questa Istituzione (o almeno al tentativo di usarla) in funzione anti-sistema. In funzione cioè contraria: sia al pluralismo istituzionale insito nell’equilibrio fissato nell’art.1 Cost. ;sia all’intarsio costituzionale ( di Costituzione nazionale e ordinamento sovranazionale) “consentito” dall’art.11 Cost., base dell’ ”equilibrio comunitario” del nostro sistema. In questo contesto, si può parlare di una forma di parlamentarismo “assoluto”. Cioè di quella “degenerazione del parlamentarismo” che, assieme alla “tutela delle esigenze dell’azione di governo” costituisce la duplice faccia dell’ordine del giorno Perassi. Il documento dell’Assemblea Costituente che –“pronunciandosi” per l’adozione di un “sistema parlamentare da disciplinarsi ,tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei “-tendenzialmente fissava un equilibrio tra governo e parlamento/opposizione .Quell’equilibrio che, per mancanza dei “dispositivi costituzionali ”, da emanare secondo il Costituente, non abbiamo ancora raggiunto dopo oltre 70 anni. E’ anche da questo squilibrio (e non solo dal prevalere dei gruppi “populisti” e “sovranisti”) che nasce il “parlamentarismo assoluto”: un potere “illimitato” di maggioranza di fronte a cui manca un contropotere di opposizione, munito di adeguato status costituzionale… (segue)
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