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La singolarità e l’interesse generale della vicenda del conflitto di attribuzioni sull’approvazione in Senato della legge di bilancio, deciso con l’ordinanza n. 17 del 2019 della Corte costituzionale, giustificano anche una deroga rispetto alla regola di prassi per cui coloro che hanno partecipato al giudizio in qualità di avvocati (nel caso, chi scrive insieme a diversi altri, con capofila Beniamino Caravita) si astengono di solito dal commentare la decisione sulle riviste. L’ordinanza si segnala in particolare sia per la nettezza con la quale ha voluto riaffermare la legittimazione soggettiva dei parlamentari a difendere con il conflitto le attribuzioni che la Costituzione riconosce loro come singoli, sia per gli argomenti con i quali, in un delicato gioco di equilibri, da un lato ha sostanzialmente ammesso l’anomalia costituzionale del procedimento seguito al Senato, dall’altro ha escluso in concreto che nella specie si sia trattato di una menomazione “evidente” dei poteri dei ricorrenti. Dal punto di vista della “tecnica” del giudizio costituzionale la decisione è di quelle che confermano l’uso da parte della Corte degli strumenti processuali con molta flessibilità, posta al servizio di palesi ragioni di “politica giudiziaria”, per tali intendendosi l’attenzione e le preoccupazioni della Corte sulle conseguenze sostanziali e sulle ripercussioni fattuali delle sue pronunce… (segue)
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