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NUMERO 10 - 22/05/2019

 Le elezioni europee del 2019 in Croazia: più candidati che votanti?

Proclamatasi indipendente dalla Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia nel 1991, coinvolta attivamente nei programmi di avvicinamento avviati da Bruxelles verso i Paesi dei Balcani occidentali negli anni successivi, la Croazia si è mostrata sin dalle prime fasi come il Paese “capofila” nell’avanzamento delle trattative con l’Unione europea, alla quale ha infatti aderito – unica sino ad ora fra gli Stati dell’area - nel 2013. La sua Costituzione, adottata nel dicembre 1990, quando il Paese era ancora formalmente parte delle federazione jugoslava, riflette sia la volontà di ispirarsi ai principi liberal-democratici (come emerge dalle parti in cui, nelle prime disposizioni, si proclamano la sovranità popolare, l’eguaglianza, la separazione dei poteri, lo stato di diritto, il pluripartitismo, la tutela dei diritti umani), sia le difficili vicende che hanno fatto da preludio (e successivamente accompagnato) la transizione verso l’indipendenza (si pensi ai richiami frequenti al concetto di nazionalità croata disseminati nel testo, alla definizione della sovranità della Croazia come “inalienabile, indivisibile, intrasferibile”, art. 2; alle disposizioni sulla partecipazione ad unioni internazionali, art. 2 e 135; a quelle sulle situazioni eccezionali o di emergenza, art. 17 e sui poteri attribuiti in tali circostanze al Capo dello Stato, art. 101). Ispirata a quella della Costituzione francese del 1958 (come modificata nel 1962), la forma di governo prevedeva, nella sua versione originaria, un semipresidenzialismo caratterizzato da un netto sbilanciamento a favore del Capo dello Stato (cui erano riconosciuti rilevanti poteri, soprattutto nei confronti dell’esecutivo e nelle situazioni di emergenza) poi ridimensionato dalla revisione costituzionale del 2000 che, virando verso un modello di tipo parlamentare, ha introdotto un ben congegnato sistema di contrappesi che vede l’intervento del Governo o del Parlamento nell’esercizio della quasi totalità delle prerogative presidenziali. Da allora l’esecutivo, il cui procedimento di formazione è caratterizzato da una forte razionalizzazione, ha ripreso quel ruolo che era stato di fatto “messo in ombra” nel primo decennio di vista del nuovo Stato. Dal canto suo, il Parlamento fu inizialmente previsto come bicamerale, con il primo ramo titolare della funzione legislativa, di revisione costituzionale e del rapporto di fiducia con il Governo ed il secondo eletto su base regionale e con un ruolo sostanzialmente consultivo. Una modifica costituzionale intervenuta nel 2001 ha soppresso la Seconda Camera, rendendo l’assetto attuale monocamerale. Il potere giudiziario è demandato a giudici la cui autonomia e indipendenza, pur formalmente garantite dalla Costituzione, nei primi anni erano messe seriamente in dubbio dalle modalità di reclutamento e, più in generale, dalla prassi, come rilevava anche la Commissione europea nei suoi rapporti annuali di valutazione. Proprio in vista dell’adesione all’Unione il legislatore è intervenuto significativamente su questo così come su altri aspetti inerenti la magistratura, come la formazione dei suoi componenti e gli organi di autogoverno. Il controllo di costituzionalità e legittimità è demandato alla Corte costituzionale, la gran parte della cui attività è però costituita dall’esame dei ricorsi diretti presentati dai cittadini per la violazione dei loro diritti che, nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, possono trovare tutela anche davanti al Difensore civico… (segue)



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