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NUMERO 10 - 22/05/2019

 Europee 2019 in Ungheria a 15 anni dall'adesione: plebiscito per Orbàn e nuovi equilibri nell'opposizione di governo

A quindici anni dall’adesione all’Unione europea (UE), l’Ungheria di Orbàn si appresta ad affrontare il voto per il rinnovo del Parlamento europeo in qualità di “osservato speciale”. L’Ungheria rappresenta, infatti, un unicum nel panorama politico e istituzionale europeo. Com’è noto, a seguito del crollo del muro di Berlino, lo Stato magiaro è stato pioniere del processo di democratizzazione e di integrazione europea degli Stati ex socialisti dell’Europa centro-orientale, processo culminato con l’adesione all’UE di gran parte di detti Stati in occasione degli allargamenti del 2004, 2007 e, da ultimo, 2013. Al riguardo, vale la pena ricordare come l’Ungheria sia membro dello spazio Schengen dal 21 dicembre 2007 e sia stato il secondo Paese – il primo è la Lituania – a ratificare il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, nonché il primo a ratificare il Trattato di Lisbona. Fino a poco tempo fa, pertanto, l’ordinamento ungherese appariva saldamente ancorato ai princìpi dello Stato di diritto e irreversibilmente orientato a una politica filo-europea. A partire dal 2010, tuttavia, l’Ungheria ha vissuto una vera e propria “rivoluzione” costituzionale, che ha messo in discussione le conquiste democratiche ottenute nella transizione post-1989 e la stessa appartenenza dello Stato magiaro all’Unione europea. L’inizio di questa inversione di tendenza può essere individuato nelle elezioni parlamentari dell’aprile del 2010, che hanno sancito la schiacciante vittoria della formazione politica di centro-destra guidata da Victor Orbàn, il Fidesz-KDNP, e la nascita del secondo Governo Orbàn (2010-2014). La nuova maggioranza parlamentare, forte dei due terzi del Parlamento – 262 seggi sui 386 di cui allora si componeva l’organo rappresentativo ungherese – ha così potuto imprimere rilevanza costituzionale al proprio programma politico di governo, ispirato a prìncipi e valori conservatori, nazionalistici e dichiaratamente antiliberali, con l’adozione di una nuova Costituzione, denominata “Legge fondamentale”, approvata dal Parlamento ungherese nell’aprile del 2011 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2012. La nuova Costituzione, che ha sostituito quella di stampo socialista in vigore dal 1949 e più volte modificata a partire dal 1989 – fino al 2012, l’Ungheria è stata l’unica Repubblica ex-socialista a non aver formalizzato la fine del comunismo e l’avvio della transizione democratica con una nuova Carta fondamentale – ha sollevato numerose critiche, in particolare da parte delle Istituzioni europee e del Consiglio d’Europa, tanto per il deficit democratico che ne ha accompagnato l’iter di adozione, quanto per le previsioni sostanziali in essa contenute. In particolare, hanno destato apprensione il ridimensionamento degli strumenti di democrazia partecipativa, le carenze in materia di tutela dei diritti fondamentali e le limitazioni in tema di libertà di espressione e di stampa… (segue)



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