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FOCUS - Human rights N. 2 - 17/05/2013

 La questione della trasmissione del cognome ai figli: considerazioni a margine dell’ordinanza n. 23934/2008 della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione è tornata di nuovo ad occuparsi dell’annosa questione relativa alla trasmissione del cognome ai figli. Con l’ordinanza interlocutoria n. 23934 del 22 settembre 2008, la Prima Sezione Civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente al fine della loro eventuale assegnazione alle Sezioni Unite per valutarne i possibili risvolti alla luce della mutata situazione della giurisprudenza costituzionale e del probabile mutamento delle norme comunitarie.
Da sempre il cognome rappresenta il simbolo dell’identità della persona, della sua appartenenza a quella che viene definita dalla Costituzione repubblicana come “società naturale”, ovvero la famiglia. Sono evidenti, pertanto, i risvolti di carattere culturale e sociale che un tema come quello del cognome e della sua trasmissione alle generazioni future presenta.
Come rilevato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 61 del 2006, le profonde trasformazioni registratesi in campo sociale hanno evidenziato il progressivo abbandono del modello di famiglia di stampo patriarcale, che si è rivelato non più coerente con i principi dell’ordinamento, con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna e con i vincoli e gli stimoli provenienti dalle fonti di diritto internazionale.
Ciononostante, la Corte Costituzionale non ha mai dichiarato l’illegittimità costituzionale del sistema di attribuzione automatica del cognome paterno ai figli legittimi, assumendo che il principio costituzionale dell’uguaglianza giuridica e morale dei coniugi incontri un limite nell’esigenza di salvaguardare l’unità della famiglia. Infatti, la questione della scelta del cognome dei figli non investe unicamente il profilo dell’uguaglianza fra uomo e donna, dovendosi altresì considerare e salvaguardare il principio dell’unità della famiglia, tutelato dall’art. 29 della Costituzione, e soprattutto il fondamentale interesse dei figli, il quale prevale su ogni altro interesse in caso di conflitto.
La pronuncia in oggetto prende le mosse dal ricorso presentato da due genitori e diretto ad ottenere la rettificazione dell’atto di nascita del figlio della coppia nella parte in cui gli era stato attribuito il cognome paterno anziché quello materno, come espressamente richiesto dal padre al momento della denuncia di nascita. Il ricorso veniva respinto in entrambi i gradi di giudizio; in particolare, il giudice d’appello osservava come il legislatore non avesse mai affrontato la questione relativa al cognome dei figli legittimi, né in occasione della riforma del diritto di famiglia, né in sede di modificazione dell’ordinamento dello stato civile, con ciò riconoscendo persistente validità alla norma consuetudinaria del patronimico. Richiamando le considerazioni espresse dalla Corte Costituzionale nella sentenza citata e dalla Cassazione nella sentenza n. 16093 del 2006, l’organo giudicante rilevava come non vi fosse spazio per l’autorità giudiziaria per adottare soluzioni difformi, spettando al legislatore di dettare una disciplina del cognome conforme al principio costituzionale dell’uguaglianza dei coniugi.

(segue)



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