
Il Tribunale di Tivoli in funzione di giudice del lavoro con ordinanza del 26 marzo 2008 ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dubitando che l’art. 42, comma 5, del D. Lgs 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità) contrastasse con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione “nella parte in cui esclude dal novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona affetta da disabilità grave”.
Il giudizio a quo era stato instaurato per effetto di un ricorso proposto ai sensi dell’art. 700 c.p.c. avverso un provvedimento con cui un Istituto statale di Istruzione superiore non aveva accolto l’istanza avanzata da un proprio dipendente diretta ad ottenere il riconoscimento al congedo straordinario retribuito per poter assistere l’anziana madre in condizione di grave disabilità.
Il ricorrente aveva dichiarato di essere l’unico soggetto convivente e che dalla documentazione depositata risultava come la stessa ASL locale avesse certificato la situazione di grave disabilità ai sensi dell’art. 3, comma 3 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate); ciononostante, l’amministrazione aveva respinto l’istanza adducendo che l’art. 42, comma 5, non prevedeva espressamente il figlio del genitore disabile tra i soggetti legittimati alla fruizione del congedo.
Il giudice di Tivoli evidenzia particolarmente la centralità del ruolo della famiglia nell’assistenza del disabile e sottolinea come lo status di figlio sia fonte dell’obbligo alimentare (art. 433 cod. civ) nell’ambito del quale il figlio medesimo è collocato in una posizione prioritaria rispetto allo stesso genitore dell’avente diritto; viene altresì richiamato l’art. 315 cod. civ. che stabilisce il dovere di “rispetto” del figlio convivente nei confronti dei genitori pur se in una sede dedicata all’esercizio della potestà del suo figlio minorenne.
Pertanto, il mancato riconoscimento del diritto al congedo determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra il figlio convivente e gli altri componenti beneficiati del nucleo familiare in violazione dell’art. 3, comma 1, Cost.
(segue)
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