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NUMERO 8 - 22/04/2009

 La legge delega di attuazione del federalismo fiscale

La legge delega che sarà di qui a pochi giorni licenziata dal Senato, in terza e definitiva lettura, rappresenta un buon elaborato.
Per alcuni versi è da considerarsi, tuttavia, una soluzione “ad ampio spettro”, come alcuni antibiotici che, per essere certi di debellare le malattie (rectius, di soddisfare le aspettative), intervengono sui diversi ceppi di batteri (rectius, tengono conto delle diverse istanze) a discapito di quelli che potrebbero risultare (bio)resistenti (rectius, trascurando alcune garanzie costituzionali), aggredibili con principi attivi specifici (rectius, con le necessarie certezze di copertura finanziaria).
E’ accaduto così che il testo, oramai all’esame definitivo, sia divenuto uno strumento legislativo utile: da una parte, a calmierare le eccessive spinte di autonomia finanziaria, insite nelle dichiarazioni post-elettorali di Bossi, poi mitigate nel disegno di legge della Lombardia; dall’altra, a garantire le “pretese” di perequazione sostenute, invero alquanto moderatamente, dalle Regioni “a minore capacità fiscale per abitante”. Il tutto assistito da una sensibile verosimiglianza con il contenuto (ma, in taluni precetti, anche della lettera) del Ddl delega licenziato da Prodi il 3 agosto 2007, che ha contribuito, non poco, alla più generale condivisione bipartisan della ancora per poco ipotesi di legge delega, manifestata con l’approvazione a larghissima maggioranza e l’astensione del Partito democratico, artefice di numerosi emendamenti accolti in sede di discussione parlamentare.
Indubbiamente, l’attuale testo (quasi) legislativo ha fatto passi avanti, e pure considerevoli, rispetto anche al Ddl delega condiviso dal governo Prodi, quantomeno sotto il profilo della maggiore chiarezza espositiva, così come in merito ad alcuni dubbi di incostituzionalità che esso sollevava. Un miglioramento da registrare anche rispetto all’originario schema elaborato dal ministro Roberto Calderoli.
Il suo articolato complessivo - originariamente composto, nell’iniziale schema del 24 luglio 2008, da diciannove articoli, divenuti ventidue nella seconda versione del 3 settembre successivo, confermati nella terza dell’11 settembre 2008 - merita credito, in tema di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni, riferite a sanità, assistenza e istruzione, e quindi di corretta erogazione, ovunque, dei diritti di cittadinanza. V’è da essere fiduciosi, perché è doveroso esserlo nei confronti di una legge che si attendeva da circa otto anni, indispensabile per applicare, concretamente, il federalismo fiscale nel nostro Paese. Una aspettativa tutta da verificare, sul piano delle concretezza, attraverso il contenuto dei numerosi decreti delegati applicativi ai quali fa esplicito rinvio.
Il suo iter di approvazione e il dibattito parlamentare che l’ha preceduta, nonché le istanze istituzionali recepite, sembrerebbero costituire la prova dell’archiviazionedi quelle logiche intese ad ingigantire, sempre di più, le differenze e le diversità etnico-territoriali, in perenne e costante violazione dell’unità nazionale, pretesa dai precetti costituzionali.

(segue)



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