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di Antonio Greco
La semplificazione nell'ordinamento democratico
La stratificazione di disposizioni legislative (ipertrofia normativa) e regolamentari (regulatory inflation), i carichi amministrativi (compliance costs) e burocratici (red tape) che gravano sulle attività dei cittadini e delle imprese possono essere oramai annoverati tra i fattori determinanti la crisi di competitività dei cd. paesi “di democrazia aperta”. Si tratta di un connotato comune alle democrazie occidentali che, come sottolinea l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel suo ultimo rapporto, si dispiega in tutta la sua complessità anche nell’ordinamento italiano, ove le burdensome regulation vengono avvertite come i principali impedimenti dell’attività imprenditoriale.
Tanto che autorevole dottrina ha significato come per il mondo economico sia oramai più importante trovarsi innanzi a regole certe piuttosto che a “buone regole”.
Iceberg della patologia di un sistema legislativo che ha preso le mosse dalla necessità di assicurare i cd. “diritti sociali” e i cd. “interessi pubblici primari”, l’ipertrofia normativa ha trovato la propria scaturigine nella pretesa di disciplinare nel dettaglio quanti più degli aspetti delle relazioni tra i cittadini, e tra questi e lo stato. Tanto è dovuto all’ideologica persuasione che l’interesse pubblico possa trovare idonea attuazione solo per mezzo dell’intervento statale, quale che sia la fonte di produzione caso per caso utilizzata.
Nella considerazione che il diritto deve seguire l’evoluzione della società - se non segnarne le direttive – e in particolare la sua evoluzione economica, ben si comprende che l’anelito ad una better regulation assurga oramai, essa stessa, al rango di interesse pubblico autonomo.
(segue)