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NUMERO 17 - 22/09/2010

 Una road map virtuosa per la riforma del sistema elettorale in senso stretto

Le convulsioni balneari della maggioranza e i corrispondenti (ma non così rilevanti) dibattiti interni al maggior partito di opposizione hanno comportato una rinascita di interesse per l’argomento relativo alla riforma del sistema elettorale. Il dato obiettivo di un meccanismo di trasformazione dei voti in seggi considerato dalla stragrande maggioranza dei partner una porcata (secondo la efficace definizione dello stesso padre della legge 270 del 2005) si è sposato con la necessità di mettere un argine all’ipotesi di interruzione della legislatura, avanzato in maniera ferma dalla Lega e in modo altalenante dal Presidente del Consiglio e da alcuni suoi consiglieri.
In questa specifica prospettiva l’iniziativa a favore del collegio uninominale operata attraverso l’appello di “ Quarantadue politici e studiosi in campo per la riforma elettorale” ,apparso sul “Corriere della sera” del 28 agosto ha costituito un classico della genericità mobilitativa in campo istituzionale. Intraprendere una simile battaglia per l’introduzione del collegio uninominale significa, in realtà, ribadire solo la richiesta di mutamento di un sistema elettorale che ha sostituito il principio elettivo con quello della nomina, ma nello stesso tempo rinunciare ad identificare, da un lato, una specifica soluzione tecnica, dall’altro una concreta strategia istituzionale. Come è noto, al collegio uninominale possono collegarsi, ad es., meccanismi di tipo maggioritario simili a quelli adottati negli ordinamenti anglo-americani( il plurality britannico o il voto alternativo australiano) o in quello francese (doppio turno); oppure strumenti misti come il cosiddetto grabensystem(adottato in alcuni ordinamenti dell’Europa centro-orientale);o-infine- speculari come la proporzionale personalizzata” adottata in Germania... (segue)



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