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Una ricerca sociologica della fine degli anni Settanta, condotta “sul campo”, titolava il volume, che dava esito ai suoi risultati, L’Università disintegrata. Si riferiva alla popolazione studentesca, che cresceva numericamente e si diversificava socialmente, ma che avvertiva già allora il disagio di una funzione formativa disintegrata, per l’appunto. La “disintegrazione” universitaria è venuta accentuandosi negli anni successivi, in particolare verso la fine degli anni Novanta, andando a interessare certamente i suoi maggiori fruitori, e cioè gli studenti, ma anche, in misura considerevole, i docenti e le strutture. Innanzitutto, le sedi universitarie: cresciute in maniera esponenziale, quasi a fare da indotto all’economia di ogni piccolo centro urbano; distribuite, poi, anche sulla rete virtuale del sistema telematico, sulla base di una tecnica poco ortodossa delle lezioni a distanza; forti, inoltre, della loro (presunta) autonomia ma deboli sul fronte della loro capacità finanziaria... (segue)
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