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NUMERO 7 - 04/04/2012

 Sull’apparente irrilevanza della tecnica nella giurisprudenza costituzionale più recente.

A ormai dieci anni dalla revisione del Titolo V della Costituzione è possibile tracciare un primo bilancio e valutarne la reale portata innovativa. Anche relativamente alla questione specifica del governo della regolazione tecnica fra Stato e regioni, analizzando il testo dell’art. 117 Cost. e passando in rassegna la giurisprudenza costituzionale successiva alla legge cost. n. 3/2001, emergono due rilievi problematici. Il primo è di natura normativa: riguarda la mancata esplicitazione nella Carta costituzionale del principio del coordinamento tecnico. Tale principio, che si era affermato per effetto della giurisprudenza della Corte costituzionale a partire dalla seconda metà degli anni ’80 quale criterio generale di temperamento del riparto di competenze fra Stato e regioni nel caso di esercizio del potere di adottare regole tecniche, giustificava l’intervento normativo statale, in deroga all’ordine costituzionale delle competenze e parzialmente anche alle regole imposte dalla legalità in senso sostanziale, in ragione del riconoscimento della necessaria unità della regolazione tecnica. Ad avviso del giudice costituzionale, le regole tecniche non comportando valutazioni politiche e, dunque, limitazioni alle scelte rientranti nell’autonomia costituzionalmente garantita dell’ente, non sarebbero risultate lesive nè delle competenze costituzionali nè del principio di legalità. Tuttavia, la condizione di legittimità della produzione di regole tecniche dipendeva dall’esistenza di norme legislative abilitative di organi del potere esecutivo «dotati di specifiche attitudini». La legge n. 59/1997, inoltre, nel riconoscere e disciplinare per la prima volta a livello normativo la funzione di coordinamento tecnico, ne subordinava l’esercizio allo svolgimento di una previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome o, se del caso, con la singola regione interessata. L’attuale silenzio del Titolo V della Costituzione sul principio del coordinamento tecnico fa emergere una anacronistica lacuna della nostra Carta costituzionale dovuta ad una colpevole sottovalutazione del ruolo della tecnica nella società contemporanea. La drammatica attualità di una gravissima crisi finanziaria ed economica svela al mondo, invece, l’ingenuità (o la falsa ingenuità) di «Chi ha salutato con gioia il tramonto delle ideologie», perché «non sapeva (o sapeva fin troppo bene) che quei luoghi non sarebbero rimasti per sempre vuoti, e che altre potenze, l’economia e la tecnica, li avrebbero sùbito riempiti». Se pur con ritardo e con preoccupante approssimazione emerge al dibattito la necessità di verificare e discutere l’attualità della c.d. Costituzione economica, dei rapporti fra la politica e l’economia, del dominio della finanza globale sui governi degli Stati, ancora oggi il dibattito sul potere della tecnica e sul rapporto fra tecnica e diritto non affiora nella dimensione che meriterebbe... (segue)



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