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di Maria Alessandra Sandulli
Riflessioni sulla responsabilità civile degli organi giurisdizionali
Alcuni recenti interventi giurisprudenziali e le proposte di legge che ne sono conseguite inducono a riflettere, alla luce degli obblighi derivanti dal diritto costituzionale ed euro-unitario, sul tema della responsabilità civile per le violazioni di legge commesse dagli organi giudiziari. La questione come ben noto, ha radici remote ed è stata ciclicamente portata all’attenzione degli studiosi e degli interpreti, sollecitando nel tempo diversi interventi da parte della Corte costituzionale, del legislatore e della Corte di Lussemburgo. Solo nell’ultimo periodo, a seguito di una ennesima, più recente, sentenza del Giudice UE e delle reazioni del mondo politico e forense, il tema ha acquistato le dimensioni dell’urgenza, tanto da spingere, come si dirà, il Consiglio di Stato a “chiedere lumi” alla stessa Corte di Giustizia sulla portata e sui limiti dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, ex art. 276 TFUE, delle questioni di compatibilità del diritto interno con l’ordinamento UE. L’intuibile delicatezza e complessità del problema ne impone un approfondimento graduale. Secondo la migliore logica sistematica, il primo riferimento deve essere alla Costituzione, che, come noto, non affronta direttamente il tema. La norma base deve essere dunque cercata nell’art. 28, che prevede, in termini generali e senza distinzioni per categorie, che “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti”. E aggiunge, a fondamentale garanzia del soggetto leso, che “in tali casi, la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”. Di “responsabilità”, la Costituzione parla di nuovo a proposito dei funzionari all’art. 97, nel Titolo dedicato alla pubblica Amministrazione, mentre non ne fa alcun riferimento nel Titolo IV, dedicato alla magistratura, che, anzi, si apre con l’affermazione del principio di indipendenza dei giudici, “soggetti soltanto alla legge” (art. 101). Come ha ricordato l’Avvocato Generale dello Stato Ignazio Caramazza nel discorso di ringraziamento per il conferimento del Premio Sandulli 2011, su queste basi la Corte costituzionale affrontò, nel 1968, sotto la presidenza dello stesso Maestro, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 55 e 74 c.p.c., che, secondo il giudice remittente, limitando al dolo, alla frode e alla concussione (oltre che all’omissione di atti d’ufficio) la responsabilità personale dei magistrati, escludevano quella statale, in riferimento alle più ampie garanzie offerte dal surrichiamato art. 28... (segue)
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