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di Emanuela Giannangeli
L’autonomia contrattuale dell’Amministrazione pubblica ed il limite della funzione fra diritto interno e comunitario in materia di appalti, alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali
Il fondamento normativo dell’autonomia negoziale dell’Amministrazione pubblica s’identifica nell’articolo 1, comma 1-bis, della legge n. 241 del 1990, come modificato dalla legge n. 15 del 2005. La disposizione in esso contenuta si rivolge, in modo generico, alla PA, per alludere alle amministrazioni e ai soggetti pubblici quali persone giuridiche e, perciò, soggetti di diritto, facendo espresso riferimento all’adozione di atti di natura non autoritativa. L’interpretazione preferibile porta ad escludere l’attribuzione ad essa di una reale portata innovativa, per circoscriverla al riconoscimento della capacità di diritto privato e di una generale potestà contrattuale dell’Amministrazione, che prima della sua introduzione erano da presupporre riconducibili al rinvio alle leggi speciali contenuto nell’articolo 11 del Codice civile. In questo modo, il legislatore, prendendo atto di una profonda revisione dell’ « agire funzionale » della PA, ha codificato il principio dell’accesso di quest’ultima agli strumenti privatistici come alternativa all’esercizio del potere, consapevole della loro idoneità all’attuazione dei principi, predefiniti dalla legge ed indisponibili, di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa. Pertanto, l’amministrazione in senso sostanziale, intesa alla stregua di un’attività giuridica finalizzata alla cura degli interessi pubblici (cosiddetta attività amministrativa di diritto privato o più propriamente denominata attività privata d’interesse pubblico), può condurre all’instaurazione di rapporti di diritto comune con i soggetti interessati, in alternanza allo strumento procedimentale e all’emanazione del provvedimento. Si tratta, però, di un’autonomia negoziale « limitata » e « funzionale », poiché deve svolgersi nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, d’imparzialità e di tutela del terzo, che devono essere perseguiti nell’osservanza di criteri imperativi e continuativi, in assenza di discriminazioni e di limitazioni del diritto di azione dei terzi a tutela d’interessi legittimi. Ne consegue che lo strumento contrattuale può essere usato tanto per gli enti pubblici economici o a vantaggio delle società per azioni pubbliche miste, quanto in favore degli enti pubblici funzionali, purché nel rispetto degli scopi fissati dal legislatore, a prescindere dalla considerazione che si tratti di contratti tipici o atipici. Perciò, i limiti dell’autonomia negoziale della PA non sono soltanto quelli correlati al controllo del merito degli interessi ex articolo 1322 del Codice civile, ma anche quelli derivanti dalla soggettività dell’Amministrazione pubblica e, quindi, pertinenti al vincolo della funzione istituzionale che il legislatore ha voluto attribuire alla medesima... (segue)
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