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di Vincenzo Lippolis
Le riforme istituzionali: 30 anni di sterili tentativi parlamentari e di modifiche della legislazione elettorale.Dall’articolo di Craxi su l’Avanti del 1979 al discorso programmatico di Renzi del 2014
Il mito di Sisifo. E’ questo il simbolo più calzante per la trentennale vicenda dei tentativi di riforme istituzionali. Sisifo aveva sfidato gli dei ed era stato da questi condannato a spingere un immane macigno sulla vetta di un monte. Ogni volta che raggiungeva la vetta una forza irresistibile sospingeva nuovamente il macigno alla base del monte e Sisifo doveva riprendere la sua fatica. Così per l’eternità. Sisifo aveva sfidato gli dei con leggerezza. La nostra classe politica, nella prima e nella seconda Repubblica, di fronte alla giusta prospettiva di un ammodernamento della Costituzione, ha con troppa leggerezza evocato e continuato a coltivare il mito della grande riforma senza considerare attentamente le ricette da utilizzare e le condizioni della loro realizzabilità. I tentativi di riforma si sono intrecciati alle vicende politiche contingenti. Vi è stato un uso politico del riformismo costituzionale che ha prodotto scontri, inconcludenti lungaggini o non meditate accelerazioni, come quella che ha condotto nel 2001 alla disastrosa riforma del Titolo V. Le norme costituzionali sulla forma di governo, il cuore dei tentativi di riforma, sono rimaste immutate. Si è oscillato tra diversi modelli di riferimento (il parlamentarismo razionalizzato tedesco, il premierato britannico e il semipresidenzialismo francese) senza che si consolidasse una scelta condivisa tra i partiti ed accettata dai cittadini. Numerosi progetti si sono arenati nelle aule parlamentari. Nell’unica occasione in cui le camere hanno deciso, nel 2005, lo hanno fatto in un clima di forte contrapposizione e la revisione della Costituzione è stata rigettata dal referendum del giugno 2006. Una rivoluzione ha invece investito il sistema elettorale che sotto la spinta del risultato del referendum del 1993 da proporzionale divenne maggioritario (sia pure con una quota di proporzionale) e poi, nel 2005, ritornò proporzionale, ma con effetto maggioritario essendo previsto un premio alla lista o coalizione vincente... (segue)
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