
Ad elezioni europee appena concluse, gli effetti sul processo di integrazione europea appaiono indicare un senso complessivo di continuità, piuttosto che quelli della novità o della rottura. I governi nazionali stanno da subito utilizzando l’avvenuto – e peraltro pronosticabile - indebolimento delle tradizionali famiglie partitiche (e soprattutto dei popolari), per proseguire nell’esercizio di un risoluto controllo sulle prossime e decisive scelte politiche ed istituzionali dell’Unione. E ciò pure da parte di governi che nei rispettivi Paesi hanno subito pesanti sconfitte, come in Francia o nel Regno unito. Le forze che, nei singoli Stati, si sono impegnate in senso anti-europeistico hanno certo incrementato il loro consenso popolare, ma non dispongono ancora nel Parlamento europeo della forza e della coesione che sono indispensabili per condizionare davvero l’evoluzione dei processi decisionali, né tanto meno per rovesciare il tavolo. In sintesi, il progetto europeo, come delineato nei vigenti Trattati e come attuato nella prassi degli ultimi tempi, può andare avanti nel suo percorso. Non si incontreranno all’interno del Parlamento europeo ostacoli istituzionali insormontabili o che costringeranno a correzioni o mutamenti di percorso rispetto a quanto sinora sperimentato, anche con esiti che ultimamente, come noto, sono niente affatto brillanti per il benessere di una larghissima parte dei cittadini dell’Unione... (segue)
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