
La legge 124/2015 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) è una legge complessa: in parte legge delega, in parte legge ordinaria immediatamente efficace (per es.agli artt. 3, 5 e 6 che modificano la L. 241 nel procedimento amministrativo), in parte legge di delegificazione (con rinvio al regolamento ex art. 17 co. 2 L. 400/1988: così l’art. 4). Sebbene manifesti l’intento di accorciare la catena normativa (delegando il Governo ad abrogare disposizioni legislative che prevedono provvedimenti non legislativi di attuazione, entrate in vigore dopo il 31 dicembre 2011), la legge incorre nello stesso errore di spezzare in due fasi una normativa che potrebbe essere sin d’ora autosufficiente. Sintomatico è l’art. 2 che rinvia ad un decreto delegato per una riforma (l’ennesima) della conferenza di servizi che avrebbe potuto entrare in vigore immediatamente: tanto sono puntuali e addirittura minuti i principî e i criteri direttivi che vengono stabiliti. Principi e criteri, occorre aggiungere, che sono invece totalmente assenti nel citato art. 21 che conferisce al governo il potere di abrogare norme di leggi esistenti che hanno il solo torto di essere state approvate sotto i governi Letta e Monti. Non può naturalmente essere ritenuta conforme all’art. 76 Cost., e quindi costituzionalmente legittima, l’autorizzazione ad abrogare norme “che prevedono l’adozione di provvedimenti attuativi per le quali non sussistono più le condizioni per l’adozione dei provvedimenti medesimi”. Per quanto riguarda poi l’amministrazione dello Stato si ha l’impressione che venga rilegificata (sia pure nel doppio momento della legge delega e della legge delegata) una materia, come quella dei meri uffici, che era stata delegificata (art. 8)... (segue)
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