
Un angolo prospettico di un certo significato nell’analizzare la presente legge rispetto al suo ambizioso oggetto (la riforma dell’amministrazione pubblica) è costituito dalle norme dedicate all’apparato ministeriale, sia centrale che periferico e le norme dedicate all’amministrazione regionale e locale, quale parte dell’amministrazione pubblica complessivamente intesa. Se, infatti, la ratio della legge è quella di aggredire gli snodi principali di una organizzazione evidentemente in affanno, lenta, farraginosa ed inefficiente, i due versanti sopra citati (quello ministeriale e quello territoriale) costituiscono dimensioni inevitabili di intervento, se non altro per l’immediata vicinanza di quelle dimensioni alle prestazioni utili ai cittadini e all’attività di supporto allo sviluppo economico-produttivo. Le norme cui si fa riferimento sono contenute nel Capo II, artt. 8-11. In estrema sintesi tali norme prevedono in primo luogo, la delega per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali. In generale con riguardo all’amministrazione statale centrale e periferica vengono indicati i seguenti principi: la riduzione degli uffici e del personale, anche dirigenziale dell’amministrazione centrale e periferica; rafforzamento degli uffici che erogano prestazioni a cittadini e alle imprese; costituzione di uffici comuni; eliminazione di duplicazioni e sovrapposizioni; razionalizzazione e potenziamento delle funzioni di polizia; istituzione del numero unico europeo 112 su tutto il territorio nazionale; riordino generale delle funzioni di polizia nei vari settori di tutela della buona fede e riorganizzazione del Corpo forestale con eventuale accorpamento in altro corpo e senza incidere sui livelli minimi di protezione. Con riguardo poi alle forze di polizia la loro riorganizzazione sarà guidata dai seguenti principi... (segue)
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