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Come è noto, tra i vari servizi pubblici locali, quello idrico integrato è stato oggetto negli ultimi anni di una serie numerosa, anche se spesso caotica e disorganica, d’interventi e modifiche normative con riguardo ad ogni versante, tanto organizzativo quanto funzionale. A complicare il “disegno” si è inserita anche la consultazione referendaria di giugno 2011 attraverso la quale, aldilà delle abrogazioni su aspetti (forse eccessivamente) tecnici attinenti al momento tariffario, si è veicolata una forte “carica ideologica” e politica volta ad sottolineare la specificità del “bene acqua”. Tale singolarità, infatti, è sottolineata soprattutto ponendo l’accento sui caratteri propri della risorsa idrica, quale fonte preziosa, scarsa, non riproducibile e connotata da una funzione coessenziale ai bisogni primari dell’individuo. Essa richiederebbe, secondo i fautori dell’accennato indirizzo, quale conseguenza ed implicazione necessaria, un’opzione di governance secondo il modus operandi tipico dei “beni comuni”. Il risultato, che interessa l’attuale scenario e dibattito in sede politica e giuridica, sul servizio idrico integrato (S.I.I.), è una forte commistione, con punte anche di attrito, fra logiche di impostazione politico-finalistica e logiche di tipo economico-regolatorie. Rispetto agli arcinoti caratteri “delle quattro E” si tratta del ricorrente duello tra ragioni di: efficacia sociale ed equità contrapposte a quelle di economicità ed efficienza. Le prime sono rivolte soprattutto al legislatore, il quale viene sollecitato di continuo ad intervenire nel settore per realizzare l’obiettivo di una desiderata ri-pubblicizzazione totale della forme di gestione al fine di amministrare il servizio secondo un’impostazione che risulti estranea alle logiche del “profitto” tipiche dei mercati concorrenziali. In tal senso hanno la prevalenza motivazioni di equità (e giustizia) commiste all’efficacia sociale. Le seconde, invece, sembrerebbero focalizzare l’attenzione più sul versante della razionalizzazione e dell’incremento dell’efficienza e dell’economicità del servizio, agendo, dunque, verso l’obiettivo, e il fine, del mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario delle gestioni (in essere e a venire) senza alcun preconcetto e/o pre-opzione circa l’assetto proprietario, pubblico, misto o privato, di queste. È ovvio che tutto ciò contribuisce alla grande conflittualità che muove gli attori, sia politici che tecnici e, di riflesso, induce scarsa chiarezza sullo “statuto normativo” attuale del settore ove, è opportuno ricordare, è richiesta (per vincolo comunitario col rischio di condanna dello Stato per infrazione) l’implementazione di una enorme e onerosa quantità di adeguamenti infrastrutturali, i quali debbono interessare l’intera rete idrica nazionale, ormai obsoleta ed afflitta da ingenti perdite di risorsa in molte sue parti, soprattutto sul versante della qualità della depurazione e sulla re-immissione nei corpi ambientali delle acque reflue. Dopo aver tratteggiato questo fondale, è adesso più agevole trattare il nostro oggetto... (segue)
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