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Nell’ottobre del 2015, con la pronuncia n. 4899, il Consiglio di Stato è intervenuto su una tematica sempre sensibile ed attuale, i cui contorni sono oggetto di continue attenzioni nel panorama giuridico odierno: gli effetti civili delle unioni tra persone dello stesso sesso. Il tema, come è intuitivo, ha assunto notevole rilevanza per i suoi contenuti sociali, avendo infatti il Giudice amministrativo inciso profondamente sul tema della trascrivibilità nei registri dello stato civile degli atti di matrimonio celebrati all’estero tra coppie omosessuali; un modo, questo, per ottenere da parte delle coppie omosessuali un riconoscimento civile delle loro unioni nel nostro ordinamento giuridico. Quest’ultimo tema, e cioè la tortuosa questione della veste giuridica da attribuire alle unioni tra persone dello stesso sesso, non sarà neanche marginalmente trattato in questa sede, tuttavia si deve segnalare come sia auspicabile che una materia tanto sensibili e socialmente rilevante non sia lasciata al sindacato del Giudice (incolpevole e la cui attività è pur sempre meritoria) ma intervenga, nel rispetto dei ruoli costituzionali, il legislatore. La decisione del Consiglio di Stato può essere invece lo spunto per riflettere sui profili afferenti i rapporti tra poteri pubblici dello Stato e, segnatamente, il rapporto gerarchico tra poteri all’interno dell’ordinamento amministrativo in un periodo storico, giova sottolinearlo, che a partire dal nuovo millennio ha invece segnato una chiara estensione delle autonomie rispetto al potere centrale. È una sentenza, in realtà, che “attualizza” il ruolo di una istituzione, quella del Prefetto, pensata per mantenere, anche sul piano politico, nelle singole parti del territorio l’autorità del potere centrale e che oggi, e cioè nella attuale concezione organizzativa dell’amministrazione italiana, appare alquanto distante dalla definizione fornita agli inizi del XX secolo da V.E. Orlando secondo cui le principali attribuzioni del Prefetto erano quelle di “ridurre le varie attività amministrative locali della provincia ad una unità amministrativa, che è appunto la provincia e ricollegare questa provincia alla maggiore e suprema unità, lo Stato”. In tale contesto, dunque, assume particolare interesse comprendere il potere di “autotutela annullatoria” esercitato dal Prefetto sugli atti dell’Ufficiale di stato civile anche in alternativa o, meglio, in sostituzione, al controllo della Autorità giudiziaria. È un modo per riaffermare il controllo gerarchico amministrativo di un organo che, come è noto, recentemente è stato interessato da una ampia riforma che ha notevolmente ridimensionato il proprio ruolo con l’obiettivo principale di disegnare sul territorio una amministrazione più capace di coniugare il sistema delle autonomie territoriali allo Stato... (segue)
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