Un chiarimento preliminare con riguardo a ciò che intendo dire col titolo dato alla succinta riflessione che mi accingo a svolgere. Mi chiedo infatti quali idee costituzionali siano passate o stiano passando dall’ambiente naturale in cui sono state elaborate, quello statale, al piano sovranazionale, tentando di spiegare il fenomeno (ieri comunitario ed oggi) eurounitario e, dopo esser state fatte oggetto di più o meno corposi adattamenti, siano quindi tornate o stiano tornando nell’ambiente di origine, sollecitando quindi ulteriori correzioni ed integrazioni per effetto dei mutamenti ricevuti fuori delle mura domestiche. Allargo, dunque, il campo e sposto l’angolo visuale rispetto a quello adottato da una sensibile dottrina che si è, di recente, interrogata circa ciò che v’è d’Europa in Europa; a me, infatti, preme maggiormente tentare di stabilire, sia pure in modo largamente approssimativo, cosa c’è dello Stato in seno all’Unione europea e cosa di quest’ultima in seno al primo. Avverto subito che resta a questo studio estranea la considerazione dei casi di circolazione “orizzontale” dei modelli, di cui – come si sa – si è molto discusso e si seguita a discutere. Altro è infatti ciò che un ordinamento prende a prestito, pur se con adattamenti, da altri ordinamenti ed altra cosa ciò che invece si ha nella dimensione “verticale”, cui solo ora si presta attenzione, laddove cioè si sia in presenza di enti (qui, l’Unione e gli Stati membri) già in parte integrati ed in via di ulteriore, progressiva integrazione e, perciò, idonei a potersi variamente influenzare a vicenda. È poi chiaro che un’analisi (non dico compiuta ma comunque) dotata di un minimo di organicità e, perciò, sufficientemente attendibile negli esiti teorico-ricostruttivi raggiunti richiederebbe di potersi distendere sopra un campo vastissimo, prendendo in esame praticamente tutti (o quasi) gli istituti costituzionali; ciò che non può qui, di tutta evidenza, aversi. Vado, dunque, al cuore del problema fermando, con la massima rapidità, l’attenzione unicamente su tre punti (il vertice e le due basi di un ideale triangolo, composto da Costituzione, sovranità e diritti fondamentali) e limitandomi, peraltro, a prospettare alcune succinte notazioni in modo problematico, rimandando per i loro ulteriori approfondimenti e le necessarie verifiche ad una sede più adeguata di questa. Avverto subito che, al fondo, ad essere ridiscussa è l’idea stessa di Costituzione, dal momento che proprio questa si è tentato di esportare al piano sovranazionale, ponendosi a mo’ di locomotiva e portando con sé una serie lunghissima di “vagoni”, di istituti costituzionali e relative categorie teorico-dogmatiche. Ed allora è interessante verificare se l’idea stessa, una volta tornata – come si diceva – nell’ordinamento di origine, sia già stata sottoposta a complessivo ripensamento ovvero meriti (e fino a che punto) di esserlo. Anticipo subito, al riguardo, una conclusione che tenterò di argomentare a breve; ed è che, a mia opinione, la dottrina costituzionalistica fatica a prendere consapevolezza della necessità di rivedere le basi stesse delle sue costruzioni; forte e ricorrente è, invero, la tentazione a chiudersi a riccio e rendersi impermeabili alle sollecitazioni e suggestioni provenienti ab extra a difesa della cittadella statale che si considera (come si vedrà, a torto) accerchiata dal nemico e di cui si teme appunto l’invasione... (segue)
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