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NUMERO 18 - 21/09/2016

 La Corte e la legge elettorale

Mi soffermerò esclusivamente sulla censura relativa al turno di ballottaggio come esposta nell’ordinanza del Tribunale di Torino. Anzitutto, il suo accoglimento porrebbe problemi di tenuta dell’impianto della l.n. 52 del 2005 di gran lunga maggiori di quelli posti da quello di altre censure, compresa quella sulle candidature multiple. Inoltre, ciò che più conta dal punto di vista del giudizio di legittimità, la questione relativa al ballottaggio non aveva potuto formare oggetto del sindacato della Corte nella sent.n. 1 del 2014, visto il diverso sistema elettorale previsto dalla l.n. 270 del 2005. Questa oggettiva circostanza era ben presente al giudice a quo, il quale dà oltretutto conto della “profonda differenza del meccanismo di voto del primo turno rispetto all’eventuale turno di ballottaggio. Infatti nel primo turno all’elettore è consentito esprimere il voto per la formazione politica nella quale maggiormente si identifica e in tal modo si esprime nella massima ampiezza, il voto di rappresentanza. Nell’eventuale turno di ballottaggio di lista (quale è appunto quello previsto dalla legge in esame) gli elettori vengono chiamati a esprimere un voto, volto alla identificazione della lista che, tra le due «superstiti» del primo turno, sarà chiamata a governare, con evidente maggiore compressione del voto di rappresentanza, proprio per la inevitabile riduzione delle opzioni tra le quali l’elettore può scegliere, oltre che per l’espresso scopo delle tornata elettorale (nella quale, infatti, non si esprimono preferenze)”.  A questo punto l’ordinanza si pone la questione se tali caratteristiche  rispettino “il principio costituzionale del necessario rispetto di un limite ontologico di rappresentanza del voto in presenza del quale possa essere attribuito, a una sola lista, il premio di maggioranza, senza incorrere in censure di irragionevolezza e di eccessiva distorsione del voto”. Il che equivale tuttavia a trasferire le conclusioni raggiunte dalla sent.n. 1 del 2014 intorno al mancato bilanciamento fra rappresentanza e governabilità ravvisabile nella legge del 2005 per non avere previsto una soglia minima di voti per accedere al premio. Col prevedere che accedano al secondo turno le sole due liste più votate al primo turno, purché abbiano raggiunto almeno la soglia del 3% (ovvero del 20% nel caso di liste espressione di minoranze linguistiche), così argomenta il Tribunale di Torino, il legislatore avrebbe “implicitamente riconosciuto, da un lato, che sussiste un problema della rappresentatività delle liste ammesse al ballottaggio, da misurare sulla base dei voti riportati nella prima tornata elettorale. D’altro lato però il parametro utilizzato è quello, diverso, delle soglie minime previste in generale dalla legge elettorale in esame, per partecipare alla attribuzione dei seggi, criterio adottato per scoraggiare una eccessiva «polverizzazione» del voto”.  Un secondo motivo di censura consiste nell’avere il legislatore computato  l’effettiva forza rappresentativa del 50% + 1 dei voti espressi al ballottaggio sulla base voti validi espressi, “il che finisce per non dare alcun rilievo al peso dell’astensione, che potrebbe essere anche molto rilevante quale prevedibile conseguenza della radicale riduzione dell’offerta elettorale nel ballottaggio”... (segue) 



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