
Nelle settimane successive al referendum del 23 giugno 2016 sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea ha preso avvio una vasta produzione dottrinale dedicata all’esame delle molte e intricate questioni giuridiche sollevate dall’esito della consultazione popolare. Ha tuttavia finora attratto scarsa attenzione, almeno in termini relativi, il quesito se la notifica dell’intenzione di uno Stato membro di recedere dall’Unione possa essere revocata: sia i commenti all’art. 50 TUE sia nella maggior parte dei primi contributi successivi al referendum, ancorché con alcune eccezioni, tale problema è stato infatti trattato soltanto marginalmente, quando non del tutto ignorato. Ciò appare tuttavia sorprendente. Per effetto dell’articolazione della procedura di recesso delineata dall’art. 50 TUE, determinare se la notifica produca effetti definitivi assume infatti una importanza cruciale sotto due profili: per un verso, l’incertezza su tale punto determina un forte disincentivo a notificare il recesso; per altro verso, la configurabilità della revoca è evidentemente suscettibile di incidere sull’esito finale del procedimento, comportando l’eventualità che, ritirando la notifica, lo Stato interessato possa ritornare sui propri passi e decidere di restare membro dell’Unione pur avendo invocato il diritto di recesso... (segue)
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