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Il settore della pesca costituisce esempio plastico (uno dei molti) dell’insistenza, sempre più marcata e probabilmente irreversibile, di una pluralità di fonti (in senso ampio), interne ed esterne all’ordinamento statale di riferimento, su una medesima “materia”. Dal punto di vista del diritto internazionale e sovranazionale, infatti, come è stato messo in luce in un recente lavoro, vengono in rilievo, in subiecta materia, atti di varia natura adottati nell’ambito delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), oltre che, last but (certainly) not least, del diritto c.d. eurounitario (o dell’Unione Europea). Con riferimento al diritto UE, che senz’altro ha l’impatto più rilevante in tale ambito, può rammentarsi che la materia «pesca» non riceve una sistemazione unitaria all’interno del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE); infatti la scelta è stata nel senso di scorporare, da tale ambito materiale, una parte del suo (possibile) contenuto. Mentre la «pesca» viene inserita tra le materie di competenza concorrente tra Unione e Stati membri (art. 4, par. 2, lett. d), ad essa viene infatti sottratta «la conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della Politica Comune della Pesca» (art. 3, par. 1, lett. d), che è assegnata alla competenza esclusiva dell’ente sovranazionale. È appena il caso di rammentare che, nelle materie di competenza esclusiva, solo l’Unione può legiferare ed adottare atti giuridicamente vincolanti, potendo gli Stati intervenire solo 1) se autorizzati dall’UE oppure 2) per dare attuazione agli atti europei. La nozione di «competenza concorrente» è invece diversa da quella conosciuta nel nostro diritto interno per ciò che riguarda i rapporti Stato-Regioni (e, in realtà, non risulta pienamente sovrapponibile neanche al modello archetipico, la konkurrierende Gesetzgebung di matrice tedesca, pur essendo indiscutibilmente modellata su di esso): infatti, in tali ambiti, l’Unione e gli Stati possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti, senza che assuma alcun rilievo la distinzione tra norme di principio e norme di dettaglio. Gli Stati membri esercitano la propria competenza, infatti, laddove l’Unione non la eserciti o abbia deciso di non esercitarla. L’area di intervento statale, dunque, si amplia e si riduce elasticamente per effetto dell’esercizio della competenza unionale, rispetto alla quale si pone, in ampiezza, come inversamente proporzionale. L’esercizio delle proprie competenze da parte dell’UE deve informarsi, come è noto, ai principi di proporzionalità (in ogni caso) e di sussidiarietà (nel settore delle competenze non esclusive)... (segue)
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