
All’interno dell’ordinamento giuridico, l’istituto del legittimo affidamento ha inizialmente assunto una connotazione prevalentemente civilistica (rectius, in materia di diritti relativi), non solo in ragione della posizione paritaria che le parti contrattuali rivestono nelle varie fasi preparatorie e costitutive del rapporto obbligatorio, ma soprattutto in ragione della necessaria cooperazione altrui per il soddisfacimento dell’interesse sotteso a quest’ultimo. In ambito amministrativo, la presenza dell’interesse generale e dei principi che regolano l’azione della pubblica amministrazione sembrava eliminare qualsiasi spazio alla posizione di legittima aspettativa del soggetto privato, la quale era destinata a soccombere nel confronto con l’interesse primario di natura pubblica. Il pieno riconoscimento dell’efficacia di tale posizione soggettiva nei riguardi della P.A. è avvenuto, successivamente, attraverso la disciplina comunitaria, per opera della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. L’elaborazione giurisprudenziale di quest’ultima, influenzata dagli studi della dottrina tedesca, ha determinato un riconoscimento di carattere trasversale del legittimo affidamento in campo amministrativo e legislativo, rilevando come l’istituto in esame operi in diversi ambiti del diritto, riconducibili sia alle relazioni intercorrenti tra privati e amministrazioni europee e nazionali, sia a quelli tra Stati membri ed istituzioni comunitarie. Inoltre, la Corte di Giustizia europea ha posto particolare attenzione ai presupposti legittimanti tale posizione giuridica soggettiva, determinando che la tutela del legittimo affidamento si concretizzi in un sindacato giurisdizionale sulla presenza, o meno, di quest’ultimi, e non quindi in un bilanciamento di interessi contrapposti. Nello specifico, tali presupposti afferiscono ad un elemento di tipo soggettivo, inteso come la fiducia che il soggetto destinatario dell’atto favorevole poteva riporre nella stabilità di questo, e ad un elemento oggettivo, relativo all’atto o al comportamento posto alla base dell’affidamento. Nel diritto interno, il principio del legittimo affidamento è stato eminentemente considerato come postulato del principio di buona fede, al punto che, nel progetto di riforma della legge n. 241/1990, esso era presente tra i canoni fondamentali dell’azione amministrativa, ma, in sede di approvazione parlamentare, non si è ritenuto opportuno formulare una specifica disposizione al riguardo. Solamente attraverso l’opera di ricostruzione giurisprudenziale, con diverse pronunce della Corte costituzionale, il principio in esame ha esteso il proprio ambito applicativo, come già in precedenza riconosciuto nel diritto europeo... (segue)
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