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FOCUS - Numero speciale 26/2016

 Conseguenze della crisi economico-finanziaria sulle istituzioni della Spagna

Il caso della Spagna risulta di centrale interesse nell’analisi delle riforme istituzionali che hanno interessato i paesi europei durante le recenti difficoltà finanziarie e delle interazioni tra livelli di governo in tale contesto. Da un lato, lo stato spagnolo è stato, infatti, affetto da una crisi di natura sia economica, sia politica. Dall’altro, le modifiche costituzionali e la sistematica adozione di un articolato piano di riforme, sono avvenute nel contesto di una procedura di disavanzo eccessiva, cui hanno fatto seguito gli accordi conclusi con i livelli sovranazionali sia nell’ambito del Piano di Assistenza Finanziaria sottoscritto nell’ambito dell’Efsf che nel MoU stipulato tra la Commissione ed il governo iberico. L’attenzione sarà rivolta, nella presente analisi, alla seconda delle ragioni di interesse appena delineate, tuttavia alcune rapide notazioni quanto al primo elemento risultano utili ai fini dell’indagine. Le autorità spagnole avevano ritenuto, in una prima fase, che la bolla speculativa e la crisi statunitense avrebbero incontrato difficolta a trasmettere effetti recessivi al sistema economico del Paese, che presentava costanti tassi di crescita. Non solo tali previsioni ottimistiche si sono rivelate erronee, ma alcuni problemi strutturali dell’economia spagnola hanno ampliato gli effetti sul debito pubblico della recessione, in linea con le peculiari caratteristiche che ha assunto la crisi in ambito europeo. I passaggi centrali che hanno condotto allo stato di difficoltà finanziaria possono essere brevemente sintetizzati nel modo seguente: a) in fase di crescita economica, erano state adottate politiche statali di leggero deficit – pur nei parametri del PSC – che hanno mantenuto l’elevato livello di debito pubblico preesistente; b) lo sviluppo del settore privato si è concentrato fortemente nel ramo immobiliare con la connessa espansione del settore finanziario di credito e l’ingresso di capitali dal resto del sistema UEM; c) la crisi del settore privato ha comportato un rientro dei capitali verso i paesi di origine, con conseguente lievitazione dei costi di rifinanziamento del debito pubblico. La crisi economica si è, peraltro, innestata su un contesto politico che presentava alcune intrinseche criticità. Pochi mesi prima della crisi nel 2008, difatti, le elezioni spagnole pur registrando una vittoria del partito di governo – PSOE -, avevano configurato una situazione in cui difettavano a questo sette seggi per il raggiungimento della maggioranza assoluta. La scelta di procedere senza formare un accordo di coalizione, ha imposto all’azione del governo nel periodo successivo una continua negoziazione per l’approvazione dei singoli progetti di legge. La reazione del governo durante il primo anno di crisi è stata quella di negare l’esistenza della stessa e di adottare politiche economiche espansive, con interventi sia di riduzione delle tasse che di investimenti nel settore delle infrastrutture. Peraltro, tali misure si sono combinate con un intervento deciso nel settore bancario, che ha generato nel 2009 una crescita del deficit spagnolo, giunto all’ 11,2% del PIL nel 2010, ed una serie progressiva di downgrade da parte delle agenzie di rating che hanno aggravato i costi di rifinanziamento del debito. Lo stato economico e finanziario del Paese ha imposto, nel maggio 2010, un cambio completo di indirizzo delle politiche da parte del Governo Zapatero, con l’adozione di un programma di riduzione delle spese e di riforme all’insegna della c.d. austerity. Proprio la conflittualità generata intorno a queste misure ha indotto ad uno scioglimento preventivo delle Assemblee, prima della scadenza naturale del mandato nel marzo 2012. In particolare, già nel giugno 2011 venivano annunciate nuove elezioni per il seguente novembre: in queste il PP - fino a quel momento all’opposizione - conseguiva la maggioranza assoluta dei seggi, proponendo un programma contraddistinto da un corposo numero di misure di rigore finanziario e riforme. Ancor prima delle elezioni, nel settembre 2011, le due principali forze politiche del Parlamento uscente, PSOE e PP, avevano raggiunto un accordo complessivo e quindi trasfuso in una rapida approvazione, circa un progetto di riforma costituzionale riguardante principalmente l’Art. 135 della Constitución Española (CE)... (segue)



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