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NUMERO 4 - 22/02/2017

 La Corte costituzionale trasforma l'Italicum in sistema elettorale maggioritario 'eventuale'

Con la sentenza in commento il modello elettorale noto come italicum, di cui alla legge 6 maggio 2015, n. 52, in vigore dal 1° luglio 2016, è stato giudicato dalla Consulta incostituzionale per il suo connotato più irragionevolmente maggioritario, il ballottaggio. E’ stata dichiarata incostituzionale anche la previsione per la quale i capilista candidati in più collegi scelgano il collegio di elezione piuttosto che esso sia scelto per sorteggio. In via preliminare si rileva che, come ben risulta dalle motivazioni, la Corte ha assunto un atteggiamento estremamente conservativo, dettato dalla preoccupazione di assicurare un sistema elettorale comunque tale da consentire in qualsiasi momento il rinnovo della Camera. Si sottolinea anche il fatto che l’insufficienza di alcune ordinanze di rimessione ha determinato pronunce di inammissibilità o infondatezza che in talune circostanze sarebbero state decisamente evitabili se ci fosse stata una migliore prospettazione degli argomenti a cura dei giudici rimettenti. Nella sentenza si coglie una chiara prudenza della Corte, che in taluni casi può apparire forse eccessiva, a non sostituirsi al legislatore con pronunce manipolative del testo sottoposto a scrutinio. La Corte ha ritenuto in proposito di riconoscere al legislatore “ampia discrezionalità nella scelta del sistema elettorale che ritenga più idoneo in relazione al contesto storico-politico in cui tale sistema è destinato ad operare”, limitando la propria competenza ad accertare i soli “casi nei quali la disciplina introdotta risulti manifestamente irragionevole” (punto 6 in diritto). Nonostante la sostanziale preservazione dell’impianto essenziale dell’italicum, la Corte ha comunque ritenuto di rivolgere al legislatore un’esortazione finale nel senso di definire sistemi elettorali per le due Camere che non ostacolino, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare (punto 15.2 in diritto). Per apprezzare il peso di questa decisione occorre considerare che la Corte si è pronunciata poche settimane dopo che il popolo sovrano, con il referendum del 4 dicembre 2016, aveva nettamente respinto la riforma costituzionale definita nella corrente XVII legislatura, che risolveva il bicameralismo simmetrico vigente in Italia e creava un Parlamento bicamerale non paritetico, dove solo la Camera sarebbe stata eletta dal corpo elettorale nazionale con l’italicum, assicurando all’esecutivo una solida maggioranza di legislatura numericamente anche superiore alla maggioranza assoluta necessaria per la revisione della Costituzione e dei regolamenti parlamentari. Ai fini del proprio giudizio la Corte costituzionale non pare tuttavia avere ricavato implicazioni stringenti dall’esito del referendum costituzionale, limitandosi a constatare che, avendo esso confermato il sistema parlamentare come bicamerale paritario o simmetrico (punto 15.2 in diritto), la legislazione elettorale di Camera e Senato deve consentire la formazione di maggioranze omogenee. Questa notazione non è sterile di implicazioni perché la Corte, vagliando l’italicum, ha ritenuto di conservarne la maggior parte degli istituti contestati dai giudici a quo piuttosto che rigettarne l’impianto e “resettarlo” a proporzionale puro, come il modello vigente per il Senato, cosa che sarebbe stata massimamente funzionale al fine da essa evocato di rendere possibile la formazione di maggioranze omogenee nelle due Camere. Del resto la Corte si era comportata in tal senso in occasione della propria sentenza n. 1 del 2014 sul porcellum, resa a Costituzione vigente, mentre l’italicum era stato ad essa sottoposto nella prospettiva di una nuova organizzazione costituzionale. Le maggiori perplessità discendono dunque da questa ambiguità, indotta dal dispositivo della sentenza e non spiegata nelle motivazioni in diritto. Da un lato, come risulta dalle motivazioni, la Corte non ha fatto altro che preservare le parti dell’italicum non tecnicamente censurabili, anche in ragione di una spesso non esemplare prospettazione degli argomenti di illegittimità da parte dei giudici a quo; dall’altro non ha ritenuto di procedere a manipolazioni del testo vigente ma ha voluto preservare la competenza e l’ampia discrezionalità del legislatore in materia di legislazione elettorale, preferendo consegnare una legge elettorale immediatamente applicabile, come ha voluto sottolineare da subito nel proprio comunicato stampa del 25 gennaio 2017… (segue)



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