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Il Banking Reform Package, adottato dalla Commissione europea il 23 novembre 2016, presenta caratteri di significatività - oltre che per i contenuti, dei quali si dirà più avanti - sotto due aspetti, che rilevano l’uno sul piano istituzionale e l’altro sul piano regolatorio. Sotto il profilo istituzionale, ciò che rileva è la resurgence del “metodo” comunitario rispetto all’intergovernamentalismo come metodo di cooperazione fra Stati membri. Quest’ultimo metodo decisionale è emerso, come è noto, prepotentemente, negli ultimi anni, nella vicenda regolatoria bancaria per effetto del carattere emergenziale del tema del debito sovrano e i relativi riflessi sui bilanci bancari, che ha comportato una maggiore iniziativa delle istanze politiche nel processo regolatorio. L’istanza tecnica, avanzata dalla Commissione nel Package, sembrerebbe segnare un ribilanciamento di poteri all’interno degli organi dell’Unione europea ed una sorta di risveglio del “metodo” comunitario nell’ambito delle politiche di gestione dei rischi bancari. Le note che seguono evidenziano come non sia irrilevante il procedimento decisionale rispetto ai contenuti della regolazione, e ciò per gli effetti che ha l’adozione di un metodo che realizzi o meno “some or all the features of sopranationalism”. I riflessi del metodo sulla regolazione in questo ambito sono diretti: una normativa comunitaria di iniziativa della Commissione costituisce l’armonizzazione massima della regolazione; un margine di flessibilità - o anche solo (come si dirà) di “proporzionalità” - nelle misure proposte di stabilizzazione bancaria esclude una (residua) autonomia della/delle Vigilanza/e (europee o degli Stati membri) di richiedere requisiti patrimoniali per l’assorbimento delle perdite o buffers di liquidità che vadano oltre gli standard comuni. L’apparente paradosso implicito in alcuni dei profili istituzionali della regolazione bancaria da parte dell’Unione Europea è infatti che la dominance dell’ “intergovernmentalism” produce l’effetto implicito di sollecitare interventi autonomi degli Stati membri. Il tema era stato già posto da Prosser nel suo The Economic Constitution: come effetto viene a combinarsi l’iniziativa di una <<stronger trans-national regulation>> con quella sul piano nazionale <<to protect the key industries>>. Analogamente, su altro piano, l’effetto che si produce è quello di dar luogo a <<delicati problemi interpretativi, volti ora a puntualizzare la sfera di intervento delle differenti autorità di controllo dell’Unione, ora a conciliare l’azione posta in essere da queste ultime con quella delle competenti amministrazioni nazionali>>. È sul tema del metodo decisionale che si gioca oggi il dibattito sui rischi bancari e sul superamento dell’impasse in cui versa l’Unione bancaria. La posizione tedesca sulle proposte della Commissione - per come anticipata dalle prime dichiarazioni - dà conto delle difficoltà che il Package troverà sulla sua strada alla luce della (persistente) richiesta dalla Germania e altri Stati membri di procedere verso gli ulteriori step previsti per l’Unione bancaria solo concordando un regime più severo di “risk reduction”. Risultano probabilmente sovrastimate in questo approccio le aperture di flessibilità del Package, di cui si dirà più avanti. Verso queste aperture si indirizzano invece le aspettative del settore bancario italiano manifestate in sede associativa. Su un altro piano il tema però è ben presente nelle posizioni teoriche degli economisti istituzionali: così come, ancora da ultimo, ribadito da Stiglitz, nel suo recentissimo “The EURO”: senza una flessibilità, legata anche all’ampliamento delle competenze istituzionali e degli strumenti di intervento, una framework regolatoria comune fungerebbe come “an automatic destabilizer”. In questi termini il dibattito è troppo ampio per poter essere qui ripreso. Si può però cercare di definirne i termini, con riguardo alle misure di riforma concretamente contenute nel pacchetto della Commissione, per verificare qui nel seguito: gli effettivi elementi innovativi delle misure stesse sul piano della flessibilità e della proporzionalità (v. infra § 2); la biunivocità del tema istituzionale - regolatorio, ovvero l’impatto del metodo decisionale sui contenuti della regolazione bancaria (v. infra § 3)... (segue)
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