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NUMERO 4 - 22/02/2017

 Valutazione della ricerca, valutazione delle riviste e cooptazione universitaria

Il mondo delle scienze umane e sociali è nuovamente in fermento. Dopo la celebrazione del referendum sulla riforma costituzionale che ha ‘liberato’ la politica, fino ad allora, e per molti mesi, in ostaggio della battaglia referendaria. E nel momento in cui ancora se ne discutono gli esiti, che la ‘costringono’ ad interrogarsi sui significati da attribuire alla vittoria del NO. Significati che vedono il dibattito pubblico polarizzarsi su due opposti orientamenti. Da un lato, quello di chi ritiene che la netta sconfitta subìta dal Governo significhi che il corpo elettorale vuole (e ha diritto di) votare al più presto, anche con le leggi – fra loro non proprio coerenti – per l’elezione di Camera e Senato in vigore dopo la rivisitazione fattane dalla Corte costituzionale. Dall’altro, quello di chi ricava da quella sconfitta un segnale inequivocabile sul ripudio della deriva maggioritaria in atto dall’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, reputando necessaria l’adozione di un sistema elettorale che consenta di governare a chi rappresenta il 50% + 1 dei consensi, e non soltanto il 40, perché laddove, pur se allo scopo virtuoso di garantire la governabilità, si consente di governare al partito (o alla coalizione) che vanta solo il 40% dei consensi, questo può legittimamente decidere ‘contro’ il volere della maggioranza degli elettori: ma poi finisce che quella decisione, portata a referendum, riceve il voto contrario del 60%, in tal modo ristabilendosi la ‘verità democratica’... (segue)



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